CUNEO - Smettiamo di celebrare la normalità come un traguardo eccezionale

Dall’Asti-Cuneo e dal Tenda in giù, ad ogni metro di asfalto inaugurato corrisponde uno stucchevole susseguirsi di festeggiamenti e rivendicazioni: rimettiamo a fuoco la realtà

Andrea Dalmasso 18/12/2025 15:01

A fine mese l’Asti-Cuneo, un’autostrada che ha ricevuto i primi finanziamenti nel 1998 e i cui lavori sono iniziati a luglio del 2000, aprirà finalmente nella sua interezza (ma su un tratto, almeno fino ad aprile, si viaggerà ancora a doppio senso di marcia). In quei giorni il tunnel del colle di Tenda sarà transitabile eccezionalmente dalle 6 alle 23, ma solo nel fine settimana e solo fino all’11 gennaio, dopodiché si tornerà a fasce di apertura ridotte (e i lavori, nelle ore di chiusura, andranno avanti ancora per diversi mesi). Il tutto, beninteso, con traffico a senso unico alternato regolato da semaforo, esattamente come tredici anni fa, quando iniziarono i primi carotaggi e le analisi geologiche per il raddoppio del traforo. Per quanto riguarda la variante di Demonte, l’opera che completa la “triade” delle telenovele della viabilità in salsa cuneese, siamo invece molto più indietro: a novembre è stato approvato il progetto definitivo (la prima versione era stata redatta nel 2008), si parla di avviare i lavori alla fine del 2026, ma di certezze non ce ne sono.  Tutte queste circostanze hanno creato un contesto in cui agli occhi di molti ogni strada aperta (o riaperta) e ogni opera inaugurata sono diventate eventi straordinari, da accogliere come benedizioni calate dall’alto ad alleviare le difficoltà di un certo territorio. Un contesto in cui si inseriscono i toni trionfali degli amministratori e dei rappresentanti delle istituzioni, a tutti i livelli. Perché è questa la situazione a cui ci si è ormai abituati (e a cui assistiamo, in particolare, dal punto di osservazione delle nostre redazioni): ad ogni metro di asfalto aperto al traffico corrisponde con puntualità svizzera un comunicato stampa celebrativo del presidente, del consigliere, dell’assessore di turno, con conseguente coda di commenti di ringraziamento - molto spesso di glorificazione - da parte degli esponenti della parte politica interessata. Come se mettere al servizio dei cittadini (leggasi: dei finanziatori) infrastrutture moderne e sicure fosse un traguardo straordinario, quasi una generosa concessione, e non poco più del minimo sindacale per chi ha l’onere e l’onore di amministrare un territorio. Quest’ultimo dovrebbe essere l’aspetto da riportare a una visione razionale, non distorta dai trent’anni disastrosi - dal punto di vista delle infrastrutture - dai quali la nostra provincia è reduce. Concludere opere pubbliche finanziate e avviate è - molto semplicemente - la normalità (e non parliamo dei casi in cui la conclusione arriva con ritardi mastodontici). E in questo senso una regola di buon senso andrebbe rimessa a fuoco: la normalità non va festeggiata come un evento eccezionale, non va rivendicata come un risultato impensabile. A chi amministra questa terra ci sentiamo di chiedere questo, in una sorta di letterina indirizzata non a Babbo Natale ma a chi guida le nostre istituzioni: smettiamola con le passerelle pompose e un po’ stucchevoli in scena ad ogni inaugurazione, smettiamola con i toni trionfali ad ogni collegamento attivato o riattivato, smettiamola con la rivendicazione dei “segnali di vicinanza al territorio” come fossero qualcosa di non scontato e non dovuto. In poche parole: smettiamo di celebrare la normalità come qualcosa di eccezionale.