CUNEO - “Sogniamoci di dire che in estate ci sarà così tanta acqua che si potranno bagnare i giardini”

Livio Quaranta, presidente di Acda, fa il punto sulla siccità dopo le ultime nevicate: "Situazione più tranquilla, ma il problema rimane. La gente non capisce che l’acqua è una risorsa che prima o poi finisce"

Livio Quaranta

Micol Maccario 04/03/2023 11:24

In Piemonte le precipitazioni continuano a rimanere ben al di sotto della norma climatica del trentennio precedente. Secondo il rapporto mensile sulla situazione idrica pubblicato dall’Arpa, le precipitazioni liquide e solide sul territorio regionale sono diminuite dell’80%. Nelle zone alpine occidentali, grazie alle recenti nevicate, la percentuale tocca il 40%. 
 
La scorsa settimana si era toccato l’apice negativo, con problemi in valle Po, Tanaro e con sofferenze anche in alcuni comuni serviti da pozzi. “È stato un disastro”, spiega Livio Quaranta, presidente di Acda (Azienda cuneese dell’acqua). “Questa neve ha creato una situazione più tranquilla”, continua. In particolare, perché la gente a causa delle nevicate si è mossa meno, il maltempo ha rallentato gli spostamenti verso le aree montane e pedemontane: “Tutta questa settimana non abbiamo fatto nessun viaggio di cisterne, mentre le settimane scorse ne facevamo decine. Le aree che servivamo non sono state soggette ad attività, come quelle dei maneggi che questa settimana sono rimasti chiusi, e hanno avuto disponibilità di acqua”. Ci sono poi tre o quattro situazioni sotto controllo totale, “siamo pronti a intervenire con le cisterne”, dice Quaranta. Si tratta di una località in valle Varaita (Melle), due in valle Stura (Rialpo e San Lorenzo), una nei colli di Moiola e una frazione di Cervasca: “Teniamo d’occhio la situazione perché sono località soggette ad arrivi di sabato e domenica; quindi, c’è il rischio che nel weekend si debba intervenire con le cisterne per riempire le vasche”.
 
Questa neve darà sicuramente un po’ di acqua, ma “il vero problema rimane”, dice il presidente di Acda. Secondo Quaranta, le stime secondo cui ci vorrebbero cinquanta giorni di pioggia per ripagare quanto è mancato negli ultimi anni sono vere. Sostiene che il fenomeno sia in atto ormai da venti-trent’anni: “Basta guardare le nostre montagne, abbiamo detto addio ai ghiacciai che erano la fonte principale di alimentazione per le falde. Bisognerebbe tornare a un regime normale, cosa che non pare sia possibile”.
 
Le previsioni per il futuro non sono rassicuranti. Sono anni che, nei periodi più caldi, torna il divieto di bagnare i fiori. Poi quello di bagnare l’orto. “Ora faccio il catastrofista - dice Quaranta - ma io spero che quest’estate si riesca a dare alle persone l’acqua per bere”. Il primo impegno sarà quello di fornire acqua per gli usi igienico-alimentari. “Sogniamoci di dire che ci sarà così tanta acqua che si potranno bagnare i giardini”, aggiunge.
 
L’allarme è noto. La scorsa settimana “abbiamo scritto una lettera ai sindaci in cui suggerivamo di invitare le attività economiche a predisporsi di vasche per gli usi sia non potabili sia potabili. Riteniamo che quest’estate la situazione sarà veramente difficile”. Molte sono le attività già dotate di vasche nelle nostre zone, ma è necessario che coloro che non ce l’hanno si attrezzino, “o ne andrà di mezzo la loro attività”. La situazione potrebbe modificarsi solo con l’arrivo di grandi piogge di primavera, in quel caso l’estate potrebbe essere salva: “Ancora la gente non capisce che l’acqua è una risorsa che prima o poi finisce, manca l’educazione civica”.
 
La mancanza di precipitazioni è un problema con cui bisogna fare i conti, però si potrebbe contemporaneamente anche intervenire in un altro modo. Secondo i dati Istat, il 42% del volume di acqua totale della rete idrica viene perso. Questo significa che degli 8,2 miliardi di metri cubi di acqua che ogni giorno passano nelle tubature, 3,5 vengono persi. Le tubature sono vecchie e bisognerebbe intervenire: “Lo Stato italiano invece di gridare che perdiamo il 42% dell’acqua dovrebbe passare all’azione facendo un grande piano per cambiare le tubazioni che hanno più di cinquant’anni”.
 
Questo compito sicuramente non potrebbe spettare all’Acda, i costi sarebbero insostenibili. Le tubazioni costano 400 euro al metro, “dovremmo cambiare 2500 km di tubazioni. Fate voi il calcolo”, dice Quaranta: “Tutto quanto era possibile l’abbiamo messo in campo. Purtroppo, salvo qualche intervento indispensabile, non possiamo cambiare i tubi. Ricadrebbe tutto sulle tariffe”. Acda lavora su un territorio che è grande come la provincia di Savona, Imperia e tre quarti di Genova e ha 250 mila abitanti: “In Italia il territorio non è tenuto in considerazione, la dispersione territoriale non è minimamente calcolata. Ci si continua a ripetere le medesime cose. Vogliono ripopolare la montagna, ma se mancano i servizi come fa una famiglia a vivere?”.
 

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