CUNEO - ‘Tra il 20% e il 25% dei contagi da Covid-19 in provincia riguarda medici, infermieri e oss’

La Cgil sta raccogliendo i dati in arrivo dai diversi presidi: in totale potrebbero essere più di 400 i sanitari colpiti dal virus. ‘Grave sottovalutazione’ accusa il sindacato

Andrea Cascioli 22/04/2020 12:58

 
Per adesso si tratta di stime, ancora in fase di raccolta. Si attende in particolare, fanno sapere dalla Cgil, il dato dell’Asl CN2 che potrebbe arrivare in giornata.
 
I numeri già in possesso del sindacato, però, restituiscono già un quadro impressionante su quanto il Covid-19 abbia colpito duro chi lo combatte in prima linea. Con ragionevole certezza si può affermare che una percentuale compresa tra il 20% e il 25% dei contagi in provincia di Cuneo riguarda medici, infermieri e oss.
 
Il dato aggiornato a venerdì 17, spiega il segretario di Cgil Funzione Pubblica Alfio Arcidiacono, comprende un centinaio di sanitari ammalatisi all’ospedale Santa Croce e Carle di Cuneo, i circa 55 operatori di Amos contagiati e altri 50 dipendenti dell’Asl CN1 (43 medici e 7 infermieri). Sommando i colleghi della zona di Alba-Bra e chi lavora nelle case di riposo, parliamo di oltre 400 persone.
 
C’è poi da tener conto, osserva il dirigente sindacale, che il quadro delle residenze per anziani è assai più frammentario e impreciso: “Nelle Rsa si è proceduto con i tamponi a tappeto solo dove scoppiavano i focolai. Qui potrebbero essere più di 200 i dipendenti che hanno contratto l’infezione, in ogni caso sappiamo per certo che almeno dieci tra queste strutture sono in condizione critica”.
 
Caso emblematico quello della casa di riposo ‘Sacra Famiglia’ di Mondovì, dove si lamenta l’assenza di oltre 20 operatori socio-sanitari e di cinque infermieri su sei, mentre chi è stato - almeno per ora - risparmiato dall’epidemia affronta doppi turni di lavoro con orari massacranti.
 
“Fin dall’inizio dell’emergenza abbiamo detto che il personale sanitario degli ospedali e delle Rsa era quello più bisognoso di tutele” ricorda il rappresentante dei lavoratori della funzione pubblica. Ma ciò spesso non è avvenuto, ed è impossibile stabilire se per colpa o per negligenza in assenza di ulteriori riscontri: prova ne sia l’assenza di mascherine e dispositivi di protezione individuali almeno fino alla metà di marzo, quando l’Istituto Superiore della Sanità e i decreti hanno cominciato a disporre un largo uso di mascherine e guanti. “Non saprei dire - riassume Arcidiacono - se ci sia stata una sottovalutazione dei rischi di contagio nelle aree no Covid o se quelle linee siano state seguite perché c’erano poche mascherine a disposizione: in entrambi i casi è stata verificata una grave inadeguatezza”.
 
Perfino ora che le carenze iniziali sono state affrontate, permangono forti criticità nell’affrontare l’emergenza. Su tutte spicca la questione dell’ospedale di Verduno, avviato come polo Covid-19 da poco più di tre settimane ma ancora a corto di risorse professionali. È notizia dell’altro giorno che 11 operatori sanitari, tra cui 6 medici e 5 infermieri, hanno lasciato la struttura alla scadenza dei 21 giorni di contratto previsti: “Una circostanza che lascia allibiti. Si arriva al punto di mandare via medici e infermieri in un territorio dove emergono criticità gravi come quelle riscontrate nelle case di riposo di Bra e Govone”.
 
Ora che l’’eterno incompiuto’ è operativo, almeno a ranghi ridotti, occorrerà anche capire cosa fare nel futuro prossimo della più grande struttura ospedaliera di Langhe e Roero. La Cgil auspica che entro un mese o due possa incominciare a offrire una ripartenza rapida a tutte le attività ambulatoriali e ‘non urgenti’ che l’emergenza coronavirus ha bloccato: “Occorrerà recuperare mesi di stop e per Verduno potrebbe essere una seconda possibilità”.

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