Riceviamo e pubblichiamo.
Qualche mese fa Fratelli d’Italia salutava come una “vittoria” il rinvio al 31 dicembre 2026 dell’applicazione del Deflusso Ecologico, misura prevista dalle norme europee per garantire una portata minima nei corsi d’acqua e tutelarne salute e biodiversità. Una decisione presentata con toni trionfalistici e motivata come un atto di “buon senso” contro le presunte rigidità del Green Deal.
Conoscendo bene le difficoltà del sistema irriguo cuneese - come sindaco di Saluzzo per anni ho invano sollecitato la Regione a fare interventi mirati – ho raccomandato prudenza perché un conto è affrontare il tema, anche con misure di flessibilità, un altro è dare risposte semplicistiche a questioni enormemente complesse, che riguardano l’equilibrio tra agricoltura, ambiente e legalità.
Oggi la bocciatura della norma regionale per illegittimità conferma la fondatezza di quei dubbi. Il rischio di contrapporre agricoltura e tutela ambientale è una scelta miope: senza fiumi vivi non c’è neppure un’agricoltura sana e sostenibile.
La vicenda resta aperta e dimostra che non servono provvedimenti spot destinati a cadere alla prima verifica giuridica, ma un vero piano regionale di gestione delle acque che sappia armonizzare il fabbisogno irriguo con la salvaguardia degli ecosistemi.
In questo quadro, servirebbe un soggetto pubblico almeno di scala provinciale, capace di valutare i fabbisogni e proporre soluzioni, seguendo studio, progettazione, finanziamento e realizzazione delle opere per captare, conservare e distribuire l’acqua. I consorzi irrigui di primo grado, da soli, non hanno né le risorse economiche né le competenze per affrontare una sfida così grande.
Mauro Calderoni
Consigliere regionale del PD Piemonte