CUNEO - Voglia di restare: i giovani nell’Italia dei paesi

Sono stati resi noti i risultati di un’indagine sui giovani di 72 aree interne italiane: un'analisi sul concetto di "restanza"

d.b. 12/02/2023 09:07

Amo i miei luoghi e, a volte, odio restarvi e vorrei disseminarmi in tutti i luoghi del mondo; avverto spesso la frustrazione del restare per cambiare un mondo che non sembra voler cambiare, che anzi sembra scomparire e morire giorno dopo giorno, ed ecco che mi accingo a raccontare il senso, il disagio, la bellezza, di vivere nel luogo da cui osservo il mondo”. Con queste parole inizia “La restanza” dell’antropologo Vito Teti, diventato un libro “cult” nel dibattito culturale italiano dell’ultimo anno. La "restanza" è un fenomeno  diffuso soprattutto tra i giovani, partito dal Sud dell’Italia, che riguarda la necessità, il desiderio, la volontà di generare un nuovo senso dei luoghi. Dopo un tempo segnato da dolorose migrazioni, sembra essere arrivato il tempo, piú silenzioso, di chi “resta” nel suo luogo di origine e lo vive, lo cammina, lo interpreta. “La restanza” è anche il titolo di un bel film di Alessandra Coppola, del 2021, presentato anche al 39° Torino Film Festival: un gruppo di trentenni pugliesi non vuole considerare la fuga come l’unica soluzione ai problemi economici, ecologici e politici. Decidono così di restare, di legare la propria vita al lavoro agricolo e di puntare tutto sul valore della condivisione. Trasformano un paese del Salento nel paese “della restanza”, un luogo dove si coltivano semi antichi e si cura la biodiversità; dove le decisioni sono prese in comune e si sviluppa un’economia su piccola scala. 
 
Ritroviamo il tema della restanza nell’ultimo volume pubblicato (gennaio 2023) dall’associazione “Riabitare l’Italia” per l’editore Donzelli: “Voglia di restare. Indagine sui giovani nell’Italia dei paesi”, a cura di Andrea Membretti, Stefania Leone, Sabrina Lucatelli, Daniela Storti, Giulia Urso. Da decenni - scrivono gli autori - le aree interne italiane sono coinvolte in intensi processi di spopolamento, di rarefazione dei servizi pubblici essenziali, di impoverimento produttivo. Si tratta di tendenze ormai croniche e alquanto diffuse, che il lavoro di analisi e di proposta dell’Associazione Riabitare l’Italia ha contribuito a riportare al centro del dibattito pubblico. Nonostante il declino demografico, economico e di attenzione, le aree interne continuano ad essere luoghi vivi, dove quotidianamente si riproducono beni pubblici fondamentali per l’intero paese e dove milioni di cittadini hanno scelto di vivere e di investire le loro capacità. L’abbandono umano non è l’unica cifra di queste terre; molti decidono consapevolmente di restare; altri, seppure in misura limitata, di ritornare; e altri ancora di provare a sperimentare in questi luoghi "lontani" nuovi stili di vita, più "lenti" e connessi con la natura. La voglia di radicamento è un aspetto inedito e ancora poco esplorato, che merita di essere messo in luce perché rivela una realtà fatta di giovani che non solo non hanno lasciato i loro paesi, ma che hanno scelto di restare – o di tornare – in modo attivo. Le storie raccontate in questo libro, raccolte attraverso un’ampia ricerca quanti-qualitativa condotta su un campione di oltre mille giovani  fra i 18 e i 39 anni residenti nelle aree interne dell’intera penisola, fanno emergere il desiderio di "restanza", evidenziando tanto le opportunità quanto le difficoltà che la scelta di non partire comporta. La ricerca restituisce una lettura articolata del fenomeno, facendo emergere sia i fattori che minacciano le possibilità effettive dei giovani di vivere e lavorare nei propri territori di origine sia le opportunità legate a una vera e propria "capacità di restare", che richiede di essere coltivata e accompagnata da politiche in grado di rispondere alle esigenze e alle aspirazioni di chi resta.

 
L’Associazione Riabitare l’Italia, fondata nel 2020 da un gruppo di studiosi, esperti, operatori e policy makers, con diverse sensibilità culturali e disciplinari, ha l’obiettivo di stimolare riflessioni e conoscenze condivise per costruire una nuova rappresentazione d’insieme dell’Italia, in grado di raccontarne le contraddizioni e le disuguaglianze, i punti di forza e le potenzialità, alla ricerca di un migliore equilibrio tra le persone, le risorse e i luoghi, con particolare riguardo alle aree interne, marginalizzate e periferiche. Il primo progetto di ricerca nazionale sviluppato dall’associazione è stato “Giovani Dentro”, concluso nel 2021, grazie al sostegno di Fondazione Vismara e Coopfond, in collaborazione con numerosi atenei italiani. Il volume edito da Donzelli illustra i risultati di questa ricerca, che evidenzia, ad esempio, la difficoltà delle giovani generazioni a diventare adulti autonomi: meno della metà del campione (47,5) ha raggiunto l’indipendenza abitativa, la formazione di un nucleo familiare (36,6%) e la genitorialità (23,2%). A incontrare più difficoltà nel rendersi autonomi sono – un po’ a sorpresa - i giovani delle aree interne del Nord Est, area che presenta criticità in vari ambiti affrontati dalla ricerca. Per quanto riguarda la partecipazione alla vita della comunità, i dati rivelano una presenza maggiore nell’associazionismo nel Centro Italia (59,8%) e nel Nord-Ovest (58,9) e quote inferiori nel Nord Est (39,9%).
 
La percentuale del Nord Est è simile a quella rilevata dalla ricerca condotta dal Centro Studi di Fondazione CRC sui giovani delle valli Stura, Grana e Maira (39%), inferiore a quella delle altre valli cuneesi (oltre il 55%). Nel Nord Ovest, inoltre, solo il 5% dei giovani intervistati partecipa ad associazioni politiche. L’indagine prende anche in considerazione l’impiego del tempo libero: la maggioranza degli intervistati risponde di trascorrerlo con amici o in coppia (58,4%), sono diffuse le pratiche sportive (47,5%), meno frequenti quelle culturali (30,3%). Un altro aspetto interessante della ricerca riguarda la progettualità futura dei giovani nelle aree interne. Il 33% degli intervistati programma il proprio futuro con la consapevolezza della sua instabilità e della probabilità di dover rimodulare i propri progetti a causa di imprevisti; il 24,7% è convinto che sia necessario ridefinire continuamente i propri obiettivi e progetti, il 12% pensa, invece, che con la giusta determinazione sia possibile in ogni caso raggiungere i propri obiettivi, mentre l’11% credeche sia del tutto inutile fare progetti e porsi obiettivi; il 14%, infine, sceglie la tattica dei piccoli passi, del giorno dopo giorno. Riguardo poi alla scelta “partire” o “restare”, il  52,7% degli intervistate vuole restare nella propria terra, il 19% ci rimane per necessità, l’11,8% preferisce invece andarsene e il 16,4% dichiara di essere costretto a partire. La percentuale dei restanti per scelta è più alta nel Nord Ovest (62,5%), più bassa nel nord Est (43,2%). Dalla ricerca di Fondazione CRC emerge che nelle valli cuneesi il 63,1% preferisce restare nel proprio Comune o nella propria valle (20,9%), quindi solo il 16% degli intervistati intende partire. Una percentuale di “restanti” superiore a quella riscontrata da Riabitare l’Italia nel Nord Ovest.
 
Approfondiremo la valutazione di questi dati in prossimi articoli, visto l’interesse del tema per il nostro territorio e per il dibattito che vi si sta sviluppando.

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