Un’intera sezione detentiva parzialmente inagibile e l’impianto di videosorveglianza distrutto: è questo, secondo quanto riporta il sindacato di Polizia Penitenziaria Osapp, il bilancio della devastazione messa in atto nel pomeriggio di lunedì da un detenuto. Intorno alle ore 14 il recluso, un quarantenne italiano, ha iniziato a colpire le telecamere di sorveglianza con il manico di una scopa, per poi utilizzare uno sgabello presente nella stanza. Non riuscendo nell’intento, ha smontato una gamba di un tavolo e, brandendola come arma, è riuscito a distruggere le ultime telecamere di videosorveglianza ancora funzionanti. Era già accaduto qualcosa di analogo pochi giorni fa nella stessa casa di reclusione. Protagonista della devastazione, in quel caso, un detenuto straniero che si era visto rifiutare una richiesta e aveva perciò preso di mira la videosorveglianza e l’impianto di illuminazione al primo piano del carcere. “Quanto accaduto ad Alba è solo l’ennesima dimostrazione della crescente insicurezza all’interno degli istituti penitenziari italiani” commenta il segretario generale di Osapp, Leo Beneduci: “La distruzione di strumenti fondamentali per la sicurezza, come le telecamere di sorveglianza e l’illuminazione, non è solo un gesto di violenza gratuita, ma rappresenta una minaccia concreta all’incolumità degli agenti di Polizia Penitenziaria, che ogni giorno operano in condizioni sempre più critiche”. All’amministrazione penitenziaria e al ministero della Giustizia si chiede un intervento “affinché vengano ripristinate al più presto le condizioni minime di sicurezza e venga garantita maggiore tutela al personale operante negli istituti”. La Polizia Penitenziaria, sottolineano i rappresentanti sindacali, “non è formata né attrezzata per custodire persone con problemi psichiatrici, altro dramma quotidiano delle nostre carceri”. “L’Osapp continuerà a vigilare su quanto accade nelle carceri italiane e a denunciare pubblicamente ogni situazione che metta a rischio la sicurezza degli operatori penitenziari e degli stessi detenuti” conclude Beneduci.