GRINZANE CAVOUR - Roggero, il “caso mediatico” che riapre il dibattito sulla legittima difesa

All’inizio il gioielliere diceva di aver sparato nel retrobottega. I filmati lo hanno smentito, ma lui non si pente: “Ha difeso la vita e il lavoro” sostiene Salvini

Andrea Cascioli 04/12/2023 18:45

È una condanna che riapre il dibattuto su limiti della legittima difesa quella che i giudici di Asti hanno inflitto a Mario Roggero. Al 69enne gioielliere di La Morra, dal 1980 titolare di una nota gioielleria a Gallo di Grinzane Cavour, la Corte d’Assise ha comminato in primo grado 17 anni di carcere: tre in più di quelli che aveva chiesto il pm Davide Greco, al termine della dura requisitoria per l’omicidio di due rapinatori che fecero irruzione nel suo negozio e il ferimento di un terzo.
 
Solidarietà al gioielliere è arrivata da alcuni politici della Lega e di Italia Viva, primo fra tutti il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini: “Dopo una vita di impegno e di sacrifici, ha difeso la propria vita e il proprio lavoro. A meritare il carcere dovrebbero essere altri, veri delinquenti” ha scritto sui social.
 
“Un giustiziere privato, impulsivo, irascibile” lo aveva definito il procuratore, citando il precedente del 2005, una condanna per minaccia con la pistola al fidanzato di una delle figlie. Episodio che l’accusa ha enfatizzato, così come invece la difesa ha fatto per la rapina del 2015, conclusa con un pestaggio e con la cattura dei responsabili. “Uno spartiacque nella vita psichica di Roggero” secondo l’avvocato Dario Bolognesi. Per la difesa era invocabile la legittima difesa putativa: Roggero avrebbe sparato perché convinto che i banditi fossero saliti in macchina trascinando sua moglie con loro. Illogico, ha ribattuto il procuratore: “Chi sparerebbe dove pensava che si trovasse l’ostaggio?”. Il gioielliere stesso aveva ammesso, di fronte ai filmati delle telecamere: “Le ero passato di fianco con la pistola in mano, senza vederla. Ancora adesso sono rimasto stupito quando ho visto i filmati, non ho quel fotogramma in testa”.
 
È stato un “caso mediatico” fin dall’inizio, con l’accusato che non si è mai sottratto a interviste e che ha sempre rivendicato la legittimità della sua azione: “Non provo niente. Mi spiace sia successo, ma o io o loro” aveva dichiarato subito dopo la sparatoria. Nella prima fase delle indagini aveva anche sostenuto di avere iniziato a sparare quando si trovava ancora nel retrobottega: versione che sarebbe stata smentita dai filmati. Nel processo si è discusso molto sul suo stato mentale: tre periti su cinque, i due della difesa, ma anche lo psichiatra nominato dalla procura, gli riconoscevano la parziale incapacità di intendere. Non così i due consulenti nominati dal tribunale, alle cui conclusioni si è appellato il pubblico ministero. Anche dopo la lettura della sentenza Roggero si è concesso ai microfoni: “Se sono pentito? Potevo essere morto io”. Poche parole sui rapinatori uccisi: “Ognuno ha il proprio destino, loro hanno avuto il loro”.

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