Si è conclusa nelle prime ore della mattinata l’ultima fase dell’indagine “Djali”, iniziata dai carabinieri nell’ottobre dello scorso anno. Le attività hanno permesso di ricostruire, attraverso intercettazioni telefoniche e pedinamenti, l’operatività di tre differenti gruppi criminali dediti allo spaccio nel Braidese. Questa mattina sono state tratte in arresto 11 persone di nazionalità albanese, tutte ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di spaccio, produzione e coltivazione di sostanze stupefacenti e furto di energia elettrica. Altre 7 sono attivamente ricercate in ambito internazionale, attraverso i canali di cooperazione di polizia. L’operazione ha impegnato un vasto contingente di militari del Comando Compagnia Carabinieri di Bra, supportati da militari del comando provinciale di Cuneo e da unità cinofile ed eliportate dell’Elinucleo di Volpiano (To), in esecuzione delle ordinanze emesse dal gip del Tribunale di Asti. Due dei gruppi coinvolti erano dediti allo spaccio al dettaglio di cocaina, in particolare nella zona del Braidese, tramite la tecnica del “djali” (che in lingua albanese significa ragazzo), ovvero mediante il reclutamento di giovani uomini albanesi, tra i 20 e 25 anni. Gli insospettabili ragazzi, fatti arrivare in Italia con il visto turistico valido per 90 giorni, venivano poi impiegati dal sodalizio criminale come pusher, dietro a uno “stipendio” mensile di circa 3000 euro più il vitto e l’alloggio. Allo scadere dei 90 giorni l’organizzazione rimpatriava i giovani, che venivano poi sostituiti da altri connazionali, sempre muniti di visto turistico con un avvicendamento continuo. Tale meccanismo di turn-over, consolidatosi negli anni, ha facilitato l’impunità dei soggetti che, se non identificati, una volta rientrati in patria facevano perdere le loro tracce. Il mercato, stimano i carabinieri, faceva fruttare guadagni giornalieri di oltre mille euro, proventi che venivano poi spediti in Albania tramite corrieri specializzati nel trasporto di persone nella tratta Italia-Albania. Un terzo gruppo si era invece specializzato nell’attività di coltivazione indoor di cannabis sativa, con piantagioni attive in diverse località del nord Italia e capaci di generare guadagni milionari. Nel corso delle varie fasi investigative i militari dell’Arma hanno infatti rivenuto vastissime coltivazioni occulte, recuperando più di una tonnellata di sostanza stupefacente (tra marjuana già confezionata e piante di cannabis sativa). Il valore stimato, per la vendita al dettaglio, ammonta a circa un milione e mezzo di euro. Gli appartenenti al sodalizio criminale erano attivi nel settore da decenni e utilizzavano tecnologie ed apparecchiature all’avanguardia, tanto da essere considerati dai loro “colleghi” di altri sodalizi dei veri e propri professionisti. A loro si faceva ricorso per “consulenze” e collaborazioni utili a ricreare il miglior habitat per la crescita delle piante e lo sviluppo delle inflorescenze. Durante l’operazione e le attività di perquisizione presso i domicili, sono stati rivenuti anche 800 grammi di cocaina e 15 mila euro in contanti.