NARZOLE - ‘Vendesi auto’, l’annuncio online truffa un immigrato di Narzole

Il senegalese, padre di tre figli, si era messo in contatto con una donna italiana: ‘Dopo aver fatto più versamenti sono andato fino a Bergamo, ma lei è sparita’

a.c. 06/02/2020 18:14

 
Era appena nato il suo terzo figlio e aveva bisogno di un’auto più grande. Per questo nel maggio 2018 aveva cominciato a cercare annunci online, imbattendosi in un’offerta pubblicata su Subito.it: vendesi Volkswagen Touareg usata, al prezzo di 1800 euro. Un buon affare, almeno a prima vista.
 
L’aspirante compratore, un cittadino senegalese residente a Narzole, si era quindi messo in contatto con l’inserzionista, una tale Laura Iraldi: “Mi ha detto di versare cento euro di acconto su un conto Postepay. Dopo qualche giorno mi ha richiamato perché bisognava pagare la voltura: ho versato 580 euro e conservato entrambe le ricevute”. L’accordo era di trovarsi alla stazione di Bergamo per la consegna del mezzo: “Prima, però, mi ha chiesto un ulteriore versamento di cento euro”.
 
L’intera famiglia si era così messa in viaggio, trascorrendo l’intera giornata a Bergamo in attesa di Laura Iraldi. Senza alcun esito. Anche il numero di cellulare che aveva usato per le trattative risultava staccato: a quel punto l’immigrato ha capito di essere stato truffato e ha presentato denuncia. Dalle successive indagini è emerso che la scheda SIM della sedicente Laura Iraldi era intestata a un cittadino nepalese. Anche il conto Postepay riconduceva a un’altra persona: L.A., un’italiana residente in Lombardia, si è così ritrovata a rispondere di truffa aggravata.
 
Per il pubblico ministero Luigi Dentis non c’è dubbio che l’intestataria del conto fosse anche l’autrice della truffa: “Se ne fosse stata estranea, avrebbe denunciato lo smarrimento della Postepay”. A suo carico è stata chiesta la condanna a un anno di carcere e 900 euro di ammenda: “La sanzione dev’essere importante perché questi reati sfruttano la fiducia delle persone che si comportano in modo onesto. In questo caso ci si è approfittati in maniera odiosa di un lavoratore e padre di famiglia”.
 
“Non c’è prova certa che sia stata lei a ideare la truffa, né che abbia mai ricevuto quei soldi” ha obiettato l’avvocato Clelia Imberti, per la quale “potrebbe essersi trattato di un furto d’identità per realizzare il contratto con Postepay”. La difesa ha eccepito in particolare sulla carenza di indagini riguardo a eventuali denunce di smarrimento della carta e sui movimenti successivi al periodo della truffa.
 
Il giudice Alice Di Maio ha infine accolto la richiesta dell’accusa, condannando L.A. a nove mesi di reclusione e a una multa di 900 euro.

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