CUNEO - Abbandonarono l’amico in overdose, condannati due giovani di Cuneo

Il diciottenne aveva rischiato di morire dopo un droga party con eroina, metadone e altre sostanze. Colpevole anche lo spacciatore che gli vendette la cocaina

a.c. 20/01/2022 16:59

Solo l’intervento della sua fidanzata aveva salvato un diciottenne residente a Cuneo da una morte certa per overdose. A confermarlo il responso dei sanitari che avevano trovato nel sangue del ragazzo una concentrazione di cocaina, eroina, cannabis e superalcolici, insieme al metadone che gli sarebbe stato iniettato da un coinquilino. Il mix l’aveva mandato in coma, a lottare tra vita e morte per sei giorni.
 
Ma la responsabilità, secondo il giudice, è anche di chi la “roba” gliel’aveva venduta e di due persone che avrebbero potuto aiutarlo e non lo fecero. Uno di loro era il coinquilino del diciottenne, A.T., che insieme a lui divideva un alloggio nel centro storico di proprietà di un terzo soggetto, non imputato nel processo. L’altro, E.P., è colui che in quel droga party aveva portato il metadone: si tratta di un tossicodipendente abituale, seguito dal Sert. Insieme a loro è finito a processo il pregiudicato F.G., per gli amici “zio Frank”, ovvero la persona che secondo gli inquirenti aveva venduto la cocaina consumata quella sera.
 
Ad A.T. e E.P. era contestata l’omissione di soccorso, con l’aggiunta per il primo di un’ipotesi di minaccia. Secondo il padrone di casa e la fidanzata del ragazzo in overdose, infatti, A.T. non solo non si era adoperato per aiutare l’amico ma l’aveva affrontato a brutto muso per imporgli di non chiamare il 118. Questa accusa nei suoi confronti è caduta, mentre per l’omissione di soccorso tutti e due sono stati condannati a sei mesi di reclusione - con pena sospesa - e a corrispondere alla parte civile la somma di 8mila euro complessivi come risarcimento danni.
 
“Era la prima volta che mi facevo di eroina: mi istigavano, soprattutto A.T. mi stava addosso” ha spiegato il giovane vittima dell’overdose: “Avevo vissuto in casa sua e gli avevo sempre detto di no, ma quella sera ho accettato”. In aula ha detto di ricordare di essere stato male nella notte e di essersi ripreso solo per poco tempo, dopo un primo svenimento. Sarebbe stato allora che A.T. avrebbe confessato all’amico di avergli iniettato del metadone, prima che costui perdesse di nuovo i sensi. Solo dopo l’arrivo in casa della sua fidanzata, nel pomeriggio del giorno successivo, era stata finalmente chiamato il 118: “Quelli dell’ambulanza ci dissero che dieci minuti dopo sarebbe morto” ha ammesso il padrone di casa.
 
In base alle testimonianze raccolte in seguito dalla polizia si è riusciti a individuare lo spacciatore dal quale i ragazzi avevano acquistato duecento euro di cocaina: era un prezzo speciale per la festa, hanno precisato. A carico di questo imputato era stata chiesta le pena più pesante, otto anni di detenzione. Oltre allo spaccio, gli si contestava la responsabilità del fatto che il suo “cliente” fosse finito in overdose. Come conoscente personale di quei giovani, ha argomentato il pubblico ministero, avrebbe dovuto sapere quali fossero le loro abitudini e considerare cosa sarebbe potuto accadere fornendogli cocaina di cattiva qualità. Un’accusa contestata dal legale di F.G., l’avvocato Giulia Dadone, e ritenuta non sussistente dal giudice Giovanni Mocci. Lo spacciatore è stato quindi condannato per la sola cessione di droga a un anno e sei mesi di carcere, più 2.300 euro di multa.

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