CUNEO - Accoltellò il convivente, per lei la Procura chiede l’aggravante del ‘‘codice rosso’’

Nel settembre 2019 l’aggressione in un alloggio popolare di Cuneo vecchia: il coltello della donna arrivò a due centimetri dal cuore. Era ubriaca e sotto metadone

a.c. 11/02/2021 20:40

 
Solo per un caso fortuito è sopravvissuto all’aggressione subita la notte dell’11 settembre 2019 ad opera della sua compagna, che al culmine di una lite violenta lo accoltellò con due lame sulla porta di casa.
 
Quell’abitazione del centro storico di Cuneo, un alloggio popolare nell’ex caserma Leutrum, era da tempo lo scenario di continui diverbi tra i due, la 35enne N.M., madre di tre figli, e il convivente 43enne, un meccanico originario di Cerialdo. “Per anni ho assistito a litigate continue specie di notte: spaccavano tutto in casa e non si poteva dormire” ha dichiarato una vicina nel processo per tentato omicidio a carico della donna, precisando: “Lui la istigava molto e in tono cattivo, le diceva di tutto in modo da portarla al limite: frasi come ‘tu non sei stata una mamma’, ‘ti hanno tolto i figli’, ‘sei un’ubriacona e una drogata’. Lei era molto debole e non riusciva a stare da sola, tante volte abbiamo chiamato i carabinieri che le dicevano di denunciarlo. Ma lei non lo ha mai fatto, perché diceva che lo amava e lui ne approfittava”.
 
Entrambi hanno trascorsi di dipendenza da droga e alcol, motivo per cui alla 35enne era già stata tolta la custodia dei figli. In un diverso procedimento, l’uomo è stato condannato in primo grado a quattro anni di reclusione per maltrattamenti nei confronti della convivente. La stessa donna che quella sera, a quanto da lui riferito, le si sarebbe avventata contro mentre si accingeva a lasciare l’alloggio: “Ho sentito un urlo e l’ho vista corrermi incontro con due coltelli in mano, ho avuto appena il tempo di girarmi e me li sono trovati piantati nel petto”. I poliziotti intervenuti dalla vicina Questura avevano trovato N.M. nel cortile del condominio, imbrattata di sangue. Dai successivi esami era risultato che avesse in corpo un tasso di alcol di 1,80 g/l e che aveva da poco assunto metadone, circostanza confermata dalla stessa imputata.
 
Nessun dubbio, secondo il medico legale, circa la possibilità che quell’aggressione potesse cagionare la morte della vittima: le ferite erano compatibili con i due coltelli ritrovati sulla scena, una delle due lame in particolare si era conficcata nel torace dell’uomo fino a due centimetri dal cuore. Per l’imputata si era trattato però di semplice difesa: “Mi voleva ammazzare, aveva preso un coltello. Non volevo fargli del male, ma quando lui mi ha strattonata l’ho colpito. Era sul balcone, quando l’ho visto girarsi con il coltello in mano mi sono sentita in pericolo. Ho usato un coltello per difendermi”. Il diverbio di quella sera, a quanto raccontato da N.M., si sarebbe scatenato dopo che le aveva ricevuto una telefonata da un amico: “Non voleva che rispondessi. Mi aveva spinta a terra mentre stavo parlando e poi aveva preso il telefono, all’altro capo il mio interlocutore gli diceva di smettere di picchiarmi. Lui mi ha sbattuta a terra e mi ha insultata”.
 
La circostanza della telefonata è stata confermata dall’uomo indicato come autore della chiamata, il quale però ha smentito di aver affermato quelle parole: “Lei mi aveva detto di aver avuto un battibecco, non di essere stata picchiata. Io parlai con lui invitando entrambi a smettere di azzuffarsi, poi la telefonata si interruppe perché non li sentivo più”. Il cellulare di lei, rotto, era poi stato ritrovato in camera da letto.
 
A carico di N.M. il sostituto procuratore Marinella Pittaluga ha chiesto l’applicazione delle aggravanti previste dalla nuova legge “codice rosso”, in vigore da luglio del 2019. La normativa anti-violenza prevede un inasprimento delle pene per i reati violenti commessi nei confronti del partner convivente.
 
L’udienza è stata rinviata al prossimo 2 marzo per la discussione.

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