CUNEO - Accusato di ‘evasione’, si difende: ‘A Cuneo non avrei potuto, ci sono telecamere ovunque’

Il 32enne napoletano era sottoposto a sorveglianza speciale e giura: ‘Ero in casa, stavo dormendo’

a.c. 23/10/2019 19:24

 
Altro che fuga, quella era stata solo una gran dormita. Così, perlomeno, giura che siano andati i fatti A.N., sotto processo a Cuneo perché accusato di aver violato le misure restrittive a cui era sottoposto in regime di sorveglianza speciale.
 
La presunta violazione - sebbene non si tratti in senso tecnico di un’evasione - per ora gli è già costata una nuova permanenza in carcere. Il 32enne, originario di Napoli, era stato condannato a 4 anni e 6 mesi nel 2009 per reati connessi al traffico di stupefacenti. Insieme a lui, poi scarcerato nel 2014, finirono in prigione tra gli altri la madre, la nonna, il cognato e il suocero. Nel marzo del 2017 era stato colpito da una misura di prevenzione, la sorveglianza speciale, che gli imponeva l’obbligo di restare in casa dalle 21 alle 7.
 
Ad accertarsi che l’ex detenuto fosse davvero nella sua abitazione del centro storico di Cuneo provvedevano i Carabinieri, presentandosi a orari non prestabiliti. Tutto è filato liscio fino alla notte del 12 settembre dello stesso anno, quando i militari sostengono di essersi presentati verso l’una e di non aver trovato traccia del ‘sorvegliato speciale’. Dopo aver suonato tre o quattro volte il campanello e chiamato al telefono a più riprese A.N., gli uomini della pattuglia sarebbero rientrati in caserma notificando la violazione degli obblighi.
 
Falso, sostiene l’imputato, che già il mattino dopo si era presentato al comando per chiarire quello che ritiene essere un semplice equivoco: “Non ho sentito il telefono squillare e nessuno mi ha citofonato. Ma sono sempre rimasto in casa mia, stavo solo dormendo” ha ripetuto davanti al giudice Anna Gilli. Quella sera sarebbero stati in casa anche suo fratello, due amici e la sua ex compagna (che A.N. ha identificato con qualche difficoltà, giustificando l’amnesia col fatto che “in quel periodo ne ho cambiate diverse”). Nessuno di loro, a quanto pare, avrebbe sentito i militari suonare alla porta. A detta di A.N., in realtà, i Carabinieri erano soliti annunciarsi al telefono chiedendogli di affacciarsi dal balcone, senza mai citofonare. In ogni caso, lui assicura di aver sempre rispettato in modo rigoroso l’orario di rientro: “Non avrei mai trasgredito alla norma, sarebbe stato stupido. E poi - ha chiosato - dove sarei potuto andare in una città che ha telecamere ovunque, anche di fronte a casa mia?”.
 
Nella prossima udienza, il 29 gennaio, il giudice ascolterà il fratello dell’imputato e il brigadiere dei Carabinieri che gli contestò la violazione.

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