BORGO SAN DALMAZZO - Ai carabinieri che lo arrestavano per stalking disse: “Non potete difenderla, potrei ucciderla”

Un 28enne di Carmagnola deve rispondere delle presunte molestie nei confronti della ex fidanzata di Borgo San Dalmazzo. Lei dice: “Voglio solo essere lasciata in pace”

a.c. 27/05/2022 17:31

Dice di non volere nessun risarcimento, ma solo “essere lasciata in pace”. A chiederlo è una ragazza di Borgo San Dalmazzo, appena 23enne, che lo scorso anno ha denunciato l’ex fidanzato per stalking dopo mesi di attenzioni morbose.
 
I due giovani avevano chiuso la loro storia all’inizio del 2021, dopo due anni e mezzo: “Per lui - ha spiegato la ragazza - ero un mero oggetto: mi ha sempre detto che era sicuro dei suoi sentimenti e che contava solo questo, se avevo problemi avrei dovuto risolverli da sola”. Ma la rottura non è mai stata accettata da R.V., classe 1994, residente a Carmagnola e con un impiego stabile a Borgo. Dai regalini lasciati davanti alla porta di lei si sarebbe così passati a una vera persecuzione, tanto da costringere la famiglia a staccare il citofono: “In più occasioni mi ha superato in auto con manovre spericolate, voleva costringermi ad accostare fingendo di avere attacchi di panico”. Dopo l’ultimo episodio del genere, a giugno, è partita la denuncia: la ragazza, in auto con il fratello, si era vista affiancare e costretta a fermarsi dal suo ex. Dopo essere sceso lui aveva scagliato un pugno contro il finestrino della propria macchina, mandandolo in frantumi e procurandosi una vistosa ferita.
 
“Ricevevo email su tutti gli indirizzi, chiamate a notte fonda, messaggi da account Instagram e Facebook creati apposta da lui. Mi diceva che avrebbe voluto una figlia da me, mi inviava annunci immobiliari” ha raccontato lei. Ci sarebbe stata perfino un’aggressione fisica, con il tentativo da parte del giovane di costringere la donna che riteneva ancora “sua” a salire sul proprio furgone, caricandola di peso. Dopo ripetute violazioni del divieto di avvicinamento, a carico di R.V. sono scattati gli arresti domiciliari, in occasione dei quali aveva rivolto ai carabinieri una frase inquietante: “Fate solo ridere, queste cose non servono a nulla: voi non siete in grado di difenderla, volendo potrei ucciderla tranquillamente”. Una frase per cui stamane, nell’aula di tribunale, il giovane ha voluto fare pubblica ammenda: “In quel periodo non stavo bene, mi sono sentito accusare di cose che non le ho mai fatto. Volevo solo dimostrare che la amavo, ma in una relazione sana non dovrebbe succedere questo”.
 
Il 28enne afferma di aver detto quelle parole in caserma perché gli era stato appena comunicato che avrebbe perso un intero anno e il suo lavoro: “Era una critica, non una minaccia”. Quanto alle accuse, spiega, “è palese che l’abbia molestata con le mie telefonate, ma non l’ho mai insultata né minacciata. I messaggi? Volevano essere un segnale di presenza e affetto”. L’imputato nega comunque di aver inseguito la ragazza e il fratello nell’episodio da cui poi sarebbe scaturita la denuncia: “Li ho incontrati per caso a Borgo e ho fatto i fari per salutarli, il fratello si è fermato. Lei ha iniziato a urlarmi di andare via e io, stizzito per questo atteggiamento, ho sferrato un pugno al vetro della mia auto”. Anche la presunta aggressione, sostiene, sarebbe il frutto di un equivoco sulle sue reali intenzioni: “Stavamo parlando fuori da casa sua, a un certo punto i toni si sono alzati. Io l’ho abbracciata e le ho dato le chiavi della mia auto, invitandola a salire per parlare più tranquillamente. Lei è salita da sola”.
 
Il prossimo 27 giugno si attende la conclusione del processo.

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