BOVES - Ai vicini impediva di salutare moglie e figlia: “Loro sono mie”

Atteggiamenti da “padre padrone” e maltrattamenti nei confronti della donna: l’uomo, residente a Boves, è finito a processo dopo aver minacciato anche i suoceri

Andrea Cascioli 04/01/2024 19:20

A sentire chi abita in zona, tutto il quartiere era “agghiacciato da questa situazione”. Lo racconta in tribunale una vicina dell’uomo, un italiano residente a Boves, finito a processo per maltrattamenti e lesioni nei confronti della moglie, aggravate dalla commissione del fatto di fronte alla figlia minorenne.
 
Avrebbe addirittura impedito a chi viveva di fianco a lui, perfino ai bambini, di salutare moglie e figlia quando le incontravano per strada: “Perché loro sono mie” aveva spiegato in un’occasione. “Spesso incrociavo lo sguardo di lei e avevo addirittura paura a salutarla, alla bambina facevo un cenno con la mano” conferma una testimone. Del resto non si può dire che i rapporti con il vicinato fossero idilliaci: “Ero terrorizzata da lui. È capitato che spaccasse bottiglie e sbattesse i portoni del garage, bussando contro il muro con qualche oggetto”. Solo in un’occasione la signora, che aveva vissuto di fianco a quell’abitazione per qualche mese, aveva trovato il coraggio di chiedere l’intervento dei carabinieri: “Poi avevo smesso di farlo, mi sembrava di peggiorare la situazione”. Nessuna interazione con la moglie del presunto “padre padrone”, per il resto: “In un’occasione mi ha chiesto dei cerotti, ma non ha detto altro. Un’altra volta mi aveva parlato perché non c’era il marito in casa: non si esprimeva molto in italiano”.
 
La donna, di origini tedesche, avrebbe detto basta solo all’arrivo dei genitori in Italia. Nel frattempo anche lei aveva sopportato quelle intemperanze: “Spesso c’erano liti, ma parlavano in tedesco. Anche forti rumori e musica tutta la notte, fino alle cinque del mattino. A volte lei gli diceva di smettere, lui la insultava: le dava ordini, la considerava inferiore”. Gli insulti erano indirizzati anche agli estranei, talvolta: “Urlava contro i vicini, chiamandoli ‘cog…’ e dicendo che se non riuscivano a lavorare era colpa loro, lui aveva il reddito di cittadinanza e finché c’era il Covid e aveva la bambina non avrebbe dovuto fare niente. Questo lo ricordo molto bene”.
 
Il luogotenente Alessandro Dall'Amico, comandante della stazione carabinieri di Boves, ricorda invece di essere stato contattato dai colleghi di Borgo San Dalmazzo nell’agosto del 2021. A richiedere l’intervento era stata la moglie del bovesano, già separatasi da lui: affermava di aver visto il marito passare a bordo della sua moto sotto l’albergo in cui lei risiedeva insieme ai genitori. Era senza casco e avrebbe detto alla bambina “saluta i nonni, che è l’ultima volta che li vedi”. La donna, soccorsa dai militari e da un’assistente sociale, aveva comunque rifiutato la collocazione in struttura protetta, affermando di preferire la sistemazione in albergo con i genitori e la bambina: “Mi ero premurato di dire alla signora che non avrebbe potuto trasferirsi all’estero con la figlia. - precisa il luogotenente - Fin da subito infatti era abbastanza evidente che i genitori non si sarebbero fermati in Italia”.
 
In seguito la donna è effettivamente espatriata insieme alla figlia e non si è presentata in tribunale a testimoniare. La Procura vorrebbe sentirla avviando una rogatoria internazionale, nel frattempo il procedimento a carico di suo marito è stato aggiornato a data da destinarsi.

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