CUNEO - Anziano finì in coma dopo l’investimento a San Benigno: condannato un automobilista

Insieme al guidatore era stato chiamato a rispondere di lesioni l’autista di un furgone, parcheggiato nei pressi del luogo dell’incidente: “Era in sosta vietata”

a.c. 29/04/2022 19:30

Si è chiuso con una condanna e un’assoluzione il processo a carico di M.C. (classe 1969, residente a Tarantasca) e L.O. (classe 1977, residente a Cuneo), accusati in concorso tra loro di lesioni stradali.
 
A M.C., in particolare, si contestava l’investimento di un 74enne saluzzese, avvenuto nel settembre 2019 nella frazione cuneese di San Benigno. L’anziano era finito in coma ed era poi stato ricoverato per due mesi e mezzo, riportando anche una parziale perdita della memoria. Il coimputato L.O. era invece chiamato in causa per aver parcheggiato il suo furgone a breve distanza dal bar Torinese, in prossimità del punto d’urto, occupando parte della carreggiata. In assenza di testimoni oculari, i poliziotti avevano accertato che il punto d’urto si trovava a circa sei metri dalle strisce, peraltro poco visibili: in quell’area c’erano la striscia continua e il divieto di sosta.
 
L’investitore ha optato per l’abbreviato condizionato mentre il conducente del furgone ha scelto il dibattimento. Per entrambi il pubblico ministero Alessandro Borgotallo aveva chiesto la condanna, ritenendo “imprudente e negligente” la loro condotta. Nei confronti di M.C., l’investitore, l’accusa aveva chiesto la condanna a due mesi e venti giorni: “Non si nega che la segnaletica orizzontale fosse usurata, ma non certo impercettibile. Siamo comunque in un pieno centro abitato, su una strada stretta di fronte ad un bar, il fatto che le strisce potessero non vedersi non giustifica l’eccesso di velocità”. Quel giorno l’area era flagellata dalla pioggia battente, un fatto che comunque, secondo il procuratore, non sarebbe sufficiente a escludere la responsabilità dell’automobilista: “La Cassazione conferma che quando la visibilità è ridotta a zero ci si deve fermare: se ne parla in tema di abbagliamento del sole, consimile alla pioggia intensa”. La responsabilità del conducente del furgone, invece, consisterebbe nell’aver precluso la visibilità a chi passava in auto: “Il pedone era leggermente spostato rispetto all’attraversamento, ma questo rileva poco”. Per L.O. erano stati chiesti quattro mesi di reclusione.
 
L’avvocato Alberto Bovetti, difensore di quest’ultimo, ha lamentato la lacunosità dei rilievi della Polizia Stradale e delle stesse contestazioni della Procura: “All’autista del furgone non è contestato il parcheggio contromano, comunque non influente sulla manovra che è sfociata nell’investimento. Non c’è nemmeno priva che si trovasse in quella posizione, dal momento che i testimoni presenti affermano di non averci fatto caso e gli agenti della Polstrada sono intervenuti solo in seguito”. In ogni caso, ha sottolineato il legale citando la perizia di parte, “l’ingombro della strada era solo parziale: avvicinandosi all’autocarro, M.C. godeva di una visibilità comunque piena e aveva tempo sufficiente per schivare il pedone”. Analoghe considerazioni sono state svolte dall’avvocato Cinzia Galvagno per il responsabile civile.
 
La difesa dell’altro imputato, condotta dall’avvocato Aldo Pellegrino, si è soffermata sulla questione della velocità: “L’auto procedeva a 30 km all’ora, difficile supporre che potesse ridursi ulteriormente. Il pedone, peraltro, non ha attraversato in prossimità delle strisce ma a una ventina di metri: secondo il codice della strada, avrebbe dovuto dare la precedenza al veicolo”.
 
Il giudice Emanuela Dufour infine ha condannato il dolo M.C. a due mesi e venti giorni con pena sospesa, come richiesto dall’accusa, assolvendo invece il coimputato L.O. per non aver commesso il fatto.

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