CUNEO - Assolti due giovani rom accusati per una serie di furti in appartamento a Cuneo

La sera di Capodanno del 2012 vari alloggi del centro erano stati ‘visitati’. Ma i giudici hanno ritenuto troppo labili gli indizi a carico dei due pluripregiudicati

a.c. 16/01/2020 20:15


Doveva rispondere di una serie di furti e tentati furti nel capoluogo della Granda una coppia di pluripregiudicati di etnia rom finita a processo per i ‘colpi’ effettuati nella sera di Capodanno del 2012.
 
Alla giovanissima J.N., poco più che diciottenne all’epoca, si contestava anche il reato di rapina impropria perché nel tentativo di fuggire da uno degli appartamenti svaligiati avrebbe spintonato una signora che aveva dato l’allarme. Il marito P.J., classe 1994, avrebbe invece concorso da casa ‘dirigendo’ le mosse della sua compagna sul posto e tenendosi in contatto con lei per tutta la durata delle operazioni.
 
Le indagini erano partite da un unico indizio, la ricevuta per una ricarica telefonica effettuata da un’autogrill della Torino-Savona e ritrovata nei paraggi di una delle case 'visitate'. Sul numero indicato nella ricevuta erano quindi partite le intercettazioni, protrattesi dai primi giorni di gennaio al marzo 2013, che avrebbero portato infine all’arresto dei due rom residenti a Magenta.
 
Il numero era riconducibile a J.N. ed era stato rintracciato, nelle settimane successive, in diversi luoghi tra Piemonte e Lombardia dove la giovane originaria di Nichelino si muoveva per mettere a segno i ‘colpi’: “Dalle telefonate registrate - ha testimoniato in aula l’assistente di Polizia Cristian Mazzola - emerge che la donna si spostava in compagnia di altre rom e veniva monitorata dal marito: lui le suggeriva anche dove nascondersi, o quali oggetti della refurtiva portarsi dietro”.
 
Dalle intercettazioni era emerso anche un quadro di degrado e violenze familiari che la ragazza si trovava ad affrontare in casa dei suoceri. La rom, già madre di due figli, sarebbe stata addirittura ‘acquistata’ dalla famiglia di origine e più volte costretta con le botte a consegnare l’intero bottino dei vari furti: per questo il sostituto procuratore Attilio Offman aveva chiesto nei confronti del marito P.J. una condanna a cinque anni e sei mesi di reclusione, più severa rispetto ai cinque anni proposti per la donna.
 
A giudizio delle difese tuttavia lo scontrino dell’autogrill e gli indizi forniti dai tabulati telefonici - che il pubblico ministero riteneva compatibili con i presunti spostamenti della donna a Cuneo - rappresentavano comunque elementi di prova troppo labili. L’avvocato Antonio Tripodi, difensore di J.N., ha obiettato che non vi fosse alcun riscontro oggettivo: né testimonianze dirette né impronte che potessero collegare la giovane rom ai luoghi dei furti. Lo stesso modus operandi appariva differente, a detta del difensore, rispetto a quello riscontrato in casi analoghi dove la responsabilità di J.N. è stata invece accertata.
 
Anche l’avvocato Alida Manfredi, che assisteva P.J., ha chiesto l’assoluzione dell’imputato: si era accertato infatti che il marito di J.N. non fosse a Cuneo quella sera e gli unici contatti registrati con sua moglie sarebbero avvenuti quando i reati erano già stati consumati.
 
Dopo una ventina di minuti di camera di consiglio, i giudici collegiali hanno stabilito l'insufficienza degli elementi probatori, mandando assolti entrambi gli accusati.

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