BUSCA - Auto comprate e rivendute con falsi finanziamenti: condannato un concessionario di Busca

Ignari dipendenti Asl e infermieri si erano visti recapitare avvisi di pagamento da migliaia di euro. A capo della truffa un terzetto di campani

a.c. 06/06/2021 18:20

 
Prendi il finanziamento e scappa: si può sintetizzare così la truffa messa in piedi da tre campani, G.V. (classe 1963, residente ad Aversa in provincia di Caserta), D.I. (classe 1966, residente a Teverola in provincia di Caserta) e M.P. (classe 1971, residente a San Marcellino in provincia di Caserta), nella quale è rimasto invischiato un concessionario buschese, G.R. (classe 1990, residente a Costigliole Saluzzo), condannato a un anno e sei mesi insieme agli altri imputati.
 
I finanziamenti in questione, tutti erogati dalla Deutsche Bank, servivano ad acquistare le automobili presso la concessionaria gestita da G.R., a nome di vari infermieri e dipendenti Asl del Cuneese. Peccato che queste persone non avessero alcuna idea di ciò che veniva sottoscritto usando i loro dati personali abbinati alle fotografie di perfetti sconosciuti: “In banca sono riuscita a vedere la fotocopia sbiadita di un documento, con una foto che non sembrava la mia e una firma falsa. Anche l’indirizzo e i dati della busta paga si riferivano a posti che non conosco” ha raccontato in aula una delle vittime della sostituzione di persona, che si è vista domandare quasi 23mila euro di pagamenti arretrati dall’istituto di credito.
 
L’ispettore Germano Violino, all’epoca in servizio presso la Polizia Municipale di Busca, ha ricostruito i vari passaggi a partire dalla denuncia di uno dei truffati: “Dalle verifiche presso il concessionario è emerso che alcuni finanziamenti, pur riportando nomi e dati corretti, facevano capo a documenti inesistenti: numeri e foto delle patenti, Iban, indirizzi e recapiti telefonici non corrispondevano a quelli dei titolari. Dopo l’elargizione del finanziamento il presunto intestatario pagava una o due rate, poi smetteva di farlo una volta ricevuto il veicolo che nel giro di pochi giorni veniva reintestato ad altri soggetti”. Tra gli intestatari i nomi più ricorrenti erano quelli di G.V., D.I. e M.P., i quali di solito rivendevano le macchine a società più grandi: “La loro base era Aversa e l’area del Napoletano. I compratori di queste auto, acquistate a km zero o quasi, erano verosimilmente ignari di tutto”.
 
Su altri accertamenti compiuti dalla Polizia Ferroviaria di Alessandria e dalla Polstrada di Cuneo hanno riferito rispettivamente i viceispettori Marco Cerallo e Luca Lauria. Gli agenti alessandrini avevano indagato a seguito di una denuncia presentata da un signore a cui risultava essere stata intestata una Smart, poi esportata in Germania con una procura a nome di D.I. e infine immatricolata in provincia di Napoli e sequestrata dai carabinieri di Gragnano. Undici di queste procure, ha precisato il viceispettore Lauria, erano state disconosciute dal notaio torinese che risultava averle autenticate: i numeri di repertorio infatti non corrispondevano a quelli registrati nello studio notarile.
 
Il pubblico ministero Raffaele Delpui aveva chiesto la condanna a un anno e sei mesi di reclusione e a 600 euro di multa per tutti gli imputati. Anche il concessionario, secondo l’accusa, sarebbe stato responsabile quantomeno di non aver verificato l’identità di chi sottoscriveva i contratti: “Nessun acquirente si è presentato da lui nelle date indicate”. Analoga richiesta di condanna è stata presentata, a nome di due dei truffati costituitisi parti civili, dagli avvocati Vigna e Imberti.
 
Per le difese di D.I. e M.P., l’avvocato Cantile ha sostenuto che “l’accusa non ha chiarito chi effettivamente si sia sostituito alle persone truffate. La persona che riceve la procura non è obbligata a presentarsi dal notaio, è possibile che qualcuno abbia utilizzato dati falsi a nome degli imputati”. Anche il legale di G.V., avvocato Carazza, ha affermato che i tre campani potrebbero aver agito da “anelli centrali di una catena, ignari di quanto messo in atto dai veri mandanti della truffa”. Ancor più nette le conclusioni dell’avvocato Garnerone, difensore del concessionario buschese: “Il concessionario non può che limitarsi al controllo della corrispondenza tra i documenti e la faccia di chi li presenta: non può incaricarsi di fare accertamenti che competono invece alla Deutsche Bank. G.R. in realtà è a sua volta tra i raggirati, perché ha perso la convenzione con la banca”.
 
Il giudice Elisabetta Meinardi ha accolto le richieste formulate dalla Procura condannando tutti gli imputati ed erogando una sanzione di mille euro per ciascuno. Per i soli G.R. e D.I. la pena è stata sospesa. In sede civile l’istituto di credito e le persone danneggiate potranno rivalersi per i risarcimenti.

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