BORGO SAN DALMAZZO - Borgo San Dalmazzo, pressioni sulla vittima di un’estorsione perché ritirasse la denuncia: due condanne

‘I calabresi di Torino sono molto arrabbiati’ avevano riferito i due uomini al gestore di un bar, per convincerlo a ritrattare in un altro processo

a.c. 25/06/2019 16:26


L’incubo era incominciato nel 2015 per il gestore di un bar molto conosciuto a Borgo San Dalmazzo. “Ti conviene pagare, siamo pericolosi” era la minaccia di G.P., un pregiudicato 26enne di origini calabresi, che nell’arco di alcuni mesi aveva continuato a estorcere somme ingenti somme di denaro al titolare dell’esercizio commerciale. A istigare il giovane, residente a Revello, sarebbe stata la ex proprietaria del bar, 46enne incensurata, che vantava inesistenti crediti nei confronti di chi aveva rilevato l’attività.

Tra marzo e ottobre 2015 il calabrese era riuscito a farsi consegnare 8.500 euro, in un caso arrivando a minacciare la sua vittima con una pistola. Qualcosa però era giunto alle orecchie dei Carabinieri di Borgo San Dalmazzo, che avevano deciso di appurare se dietro a quelle voci di paese ci fosse un autentico racket: dopo un mese di attività investigative, i militari dell’Arma coordinati dal tenente Alberto Calabria e dal maresciallo Marco Dainese avevano così portato a compimento l’Operazione ‘Pizzo’ con l’arresto dell'estorsore, colto in flagrante, e della presunta mandante, oltre alle denunce a carico di altri tre componenti di questo autentico sodalizio criminale.

L’inquietante vicenda però ha avuto un seguito sul quale si è pronunciato oggi il tribunale di Cuneo. Nel marzo del 2017, infatti, due giovani clienti del bar avrebbero avvicinato il gestore per convincerlo a ritirare la sua denuncia: “Ho sentito da un amico che i calabresi di Torino sono molto arrabbiati” gli era stato riferito sibillinamente, secondo la testimonianza resa all’epoca dalla ex moglie dell’uomo.

Tanto è bastato, dopo la segnalazione dell’episodio ai Carabinieri, per far finire sotto processo con l’accusa tentata estorsione D.I. e B.A., quest’ultimo già condannato in passato per ricettazione. La ex compagna del barista ha affermato in aula di non aver ricevuto pressioni o intimidazioni dirette, ma ha anche ammesso di credere che il marito non le dicesse tutto, e di aver temuto per sé e per sua figlia piccola dopo la denuncia: “Ero spaventata, ho vissuto un anno nella paura”.

Anche il barista aveva riferito ai Carabinieri di essere più preoccupato per la vicenda nel suo complesso che per quel singolo episodio, minimizzandone la portata. Il giudice Sandro Cavallo, tuttavia, pur derubricando le accuse a tentata violenza privata ha ritenuto che gli elementi del reato ci fossero. Per D.I. questo è valso la condanna a tre mesi di reclusione più sei di libertà vigilata, per B.A. a una pena di quattro mesi.

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