BOVES - Caso Nada Cella, Soracco si ribella: “Trattato come un mafioso, a Chiavari nessuna cupola”

In aula il commercialista, accusato di aver “coperto” l’assassina della segretaria, parla anche della possibile arma del delitto: “Mai usato quel fermacarte”

in foto: Marco Soracco, il commercialista accusato di favoreggiamento nell'omicidio Nada Cella

Redazione 27/06/2025 12:15

“Sono stato trattato come un mafioso, come Riina. Ma a Chiavari non c’era nessuna cupola, i Soracco non avevano nessun potere. Anzi, la polizia mi insultò durante gli interrogatori”. A parlare è Marco Soracco, il commercialista nel cui studio venne uccisa la segretaria Nada Cella, il 6 maggio 1996. Parla in aula a Genova da imputato, durante il processo dove è accusato di favoreggiamento perché, secondo l’accusa, avrebbe coperto Annalucia Cecere, l’ex maestra trasferitasi nel Cuneese (oggi vive tra Mellana e Spinetta) che la Procura ritiene essere l’unica assassina della 24enne Nada. Soracco, sostengono gli inquirenti, era l’oggetto di una presunta contesa sentimentale. La Cecere, ragazza-madre con un passato familiare difficile e un impiego da addetta alle pulizie, all’epoca 28enne, avrebbe individuato nella segretaria una “rivale”. Quello avvenuto in via Marsala, in un’anonima palazzina della città ligure del Tigullio, sarebbe stato un delitto d’impeto, frutto di un raptus. Soracco e sua madre, Marisa Bacchioni, sospettavano ma avevano taciuto, dicono i pm, per qualche motivo mai del tutto chiarito. C’è chi ha tirato in ballo i timori di uno scandalo legato all’attività professionale del commercialista e i legami dei Soracco con la Chiesa locale. In una precedente udienza padre Lorenzo Zamparin, confidente della signora Soracco, ha detto di non ricordare nulla di quanto gli sarebbe stato rivelato a proposito di “una donna, poco seria e che conosceva, che si sarebbe invaghita del figlio”. Proprio lui, però, ne aveva parlato al sostituto procuratore Gabriella Dotto in interrogatorio, dopo la riapertura delle indagini. Il commercialista, difeso dall’avvocato Andrea Vernazza, ha rilasciato spontanee dichiarazioni e non è escluso che possa sottoporsi in seguito all’esame. “La mia famiglia - ha detto - è stata descritta come potente a Chiavari e in grado di intimorire i testimoni: tutto falso. Mio padre era un funzionario del Comune, mia madre insegnante. Mio padre era stato segretario della Dc, ma negli anni ‘60. Non era una persona potente”. Soracco ha ribattuto a quanto emerso nel corso delle testimonianze. A partire dalla questione del fermacarte, ritenuto dalla pm Gabriella Dotto una delle armi usate per uccidere Nada. “Faceva parte di un set da scrivania - ha spiegato - ma io non ho mai usato un fermacarte. Aveva un feltro nella parte inferiore: se fosse stato usato sarebbe rimasto sporco”. Un collega di Soracco, Paolo Bertuccio, aveva raccontato ai primi investigatori di aver raccolto da lui confidenze riguardo a un possibile scandalo, giusto due settimane prima che Nada Cella morisse: “Ci sarà una ‘botta’ nel mio studio. E la signorina andrà via” le parole riferite ai tempi e confermate davanti alla corte, a inizio mese, dall’ormai 79enne testimone. “Non era un mio amico, non gli avrei fatto rivelazioni private, le cose che riporta non hanno senso logico” è la risposta dell’imputato. Il professionista ha spiegato anche che quanto detto da Saverio Pelle - lo zio di Nada, che aveva parlato di “buste di soldi che giravano in studio” - non sarebbe vero visto che “mi hanno fatto controlli, Finanza e Agenzia delle Entrate, e non hanno mai trovato niente”. E, infine, gli interrogatori resi alla Squadra Mobile nel 2021: “Erano stati aggressivi. Mi insultarono dicendomi ‘moralista di m...’ perché secondo loro coprivo la mia storia con Cecere che era una ragazza madre”. Prima di lui erano state sentite alcune intercettazioni di Cecere che in diversi colloqui negava ogni coinvolgimento: “La mia vita è stata rovinata da questa storia”, il suo sfogo nelle conversazioni.

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