BOVES - C’è una nuova testimone nel caso Nada Cella: “Soracco e Cecere si frequentavano”

A Chiavari intanto si stringe il cerchio attorno alla misteriosa “signorina”, la donna che per prima accusò l’attuale indagata ma non venne mai identificata

in foto: lo stabile di via Marsala 14 a Chiavari

Redazione 17/02/2024 16:20

Spunta una nuova testimone nella vicenda della morte di Nada Cella, la segretaria massacrata a Chiavari il 6 maggio 1996 nello studio del commercialista Marco Soracco, dove lavorava. La donna, fa sapere l’agenzia Ansa, è stata sentita a gennaio in Procura dalla pm Gabriella Dotto, in un supplemento di indagine, dopo la richiesta di rinvio a giudizio e la fissazione dell’udienza preliminare.
 
La testimone, trovata dalla criminologa Antonella Delfino Pesce e dall’avvocato Sabrina Franzone (che hanno permesso la riapertura delle indagini nel 2021, grazie alla rilettura delle carte di allora e a nuovi accertamenti), avrebbe confermato che Soracco e Annalucia Cecere si conoscevano e si frequentavano all’epoca. Quest’ultima, all’epoca residente a Chiavari e trasferitasi poco dopo a Boves - dove vive tuttora, è sospettata di avere ucciso Nada in un impeto di gelosia e rabbia.
 
Giovedì scorso si è tenuta l’udienza preliminare che vede accusati la Cecere (difesa dagli avvocati Giovanni Roffo e Gabriella Martini), Soracco e la sua anziana madre Marisa Bacchioni (difesi dall’avvocato Andrea Vernazza). Il commercialista e la mamma sono accusati di favoreggiamento e false dichiarazioni al pm: avrebbero saputo che a uccidere era stata la 28enne, perché la videro sul luogo del delitto, ma avrebbero sempre coperto la donna. La decisione sull’eventuale rinvio a giudizio o il proscioglimento è prevista per il primo marzo.
 
Intanto si stringe il cerchio sulla “signorina”, ovvero l’anonima testimone che il 9 agosto 1996 telefonò alla Bacchioni, dicendole di avere visto la Cecere, la mattina dell’omicidio, scappare dal palazzo di via Marsala 14. Sono tre le segnalazioni ritenute al momento più attendibili e su cui si stanno concentrando la criminologa e la legale di famiglia. Una di queste porterebbe a una donna che lavorava nella casa di riposo Morando, a pochi metri dalla chiesa di san Giacomo di Rupinaro. “Poteva trattarsi di una impiegata, di una addetta alle pulizie o alla cucina. In ogni caso veniva dalla val Fontanabuona - scrive su Facebook Delfino Pesce - e aveva l’abitudine di posteggiare l’auto (una utilitaria) davanti ai lavatoi. In alternativa potrebbe essere stata impiegata in una impresa di pulizie di Rupinaro”.

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