CUNEO - Chiese il reddito di cittadinanza mentre aveva l’obbligo di firma, il tribunale lo assolve

L’ivoriano, finito agli arresti nell’inchiesta per caporalato sulla cooperativa Salimo, aveva presentato domanda in un Caf di Cuneo

Andrea Cascioli 24/01/2024 19:10

Aveva compilato il modulo di richiesta del reddito di cittadinanza in un Caf cuneese, dichiarando però di non essere sottoposto a misure cautelari: un falso, dal momento che proprio in quel periodo era sottoposto all’obbligo di firma, dopo essere stato arrestato e scarcerato.
 
Il tribunale ha comunque ritenuto che A.T., cittadino ivoriano residente a Cuneo, abbia agito in buona fede, senza comprendere il senso di quella dichiarazione. In aula ha deposto la responsabile dell’Unione Inquilini, presso il cui sportello l’uomo aveva presentato la sua richiesta: “L’ho seguito per una pratica Isee che andava allegata alla domanda per il reddito. Ricordo di avergli chiesto se fosse sottoposto a misure ma lui non si è spiegato bene e non ho indagato più di tanto”. La moglie dell’imputato, in Italia dal 2012, ha confermato di essere a conoscenza della domanda presentata da suo marito, ma ha anche aggiunto che quest’ultimo non è abituato a esprimersi in italiano.
 
Modesta, in ogni caso, l’entità del beneficio percepito prima che la Guardia di Finanza segnalasse l’irregolarità all’Inps: appena 150 euro, già risarciti. I finanzieri, al momento del controllo, non erano riusciti a parlare con lui, che era rientrato in patria per un periodo. In precedenza era stato arrestato nell’ambito dell’inchiesta sulla cooperativa Salimo, sulla quale pendevano accuse di caporalato: l’indagine è tuttora in corso. “Indipendentemente dalla cifra, rilevante è il fatto di aver dichiarato il falso per ottenere benefici non dovuti” ha osservato il pubblico ministero Anna Maria Clemente, chiedendo una condanna a un anno e sei mesi di reclusione.
 
Rilevante, a giudizio dell’accusa, il lungo periodo di permanenza in Italia dell’imputato: “Ci si chiede se davvero in tutto questo tempo non abbia imparato l’italiano, anche perché i coniugi hanno compreso bene l’opportunità rappresentata dal reddito di cittadinanza”. Per l’avvocato Sara Ambrassa, al contrario, a pesare sarebbe stata l’incapacità di comprendere il modulo prestampato: “L’espressione ‘misure cautelari personali’ è di difficile comprensione anche per chi non sia straniero” ha affermato il legale dell’imputato, sostenendo che il reato non si configurasse per assenza delle condizioni soggettive, cioè della volontà di dichiarare il falso. Inoltre, ha ricordato il difensore, le condizioni per la concessione del reddito sussistevano dal punto di vista economico.
 
Il giudice Giovanni Mocci ha accolto la prospettazione difensiva, assolvendo l’imputato perché il fatto non costituisce reato.

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