BUSCA - Chiesti tre anni di carcere per il presunto complice di una baby gang saluzzese

Un giovane albanese di Busca è accusato di aver ricevuto denaro da due minorenni che rubarono la carta di credito di un sacerdote

a.c. 14/01/2020 21:17

Rischia una condanna a tre anni di carcere e 2mila euro di multa il giovane albanese residente a Busca, classe 1995, che nel gennaio 2018 venne arrestato perché ritenuto complice di una baby gang che nell’autunno precedente aveva messo a segno due diversi furti in casa di un sacerdote saluzzese presso l’oratorio ‘don Bosco’ e altri due ‘colpi’ in altrettanti istituti scolastici della città.
 
E.Q. era finito in manette con l’accusa di indebito utilizzo di carta di credito e ricettazione, insieme a due giovanissimi stranieri poi deferiti presso la Procura per i Minorenni di Torino. Entrambi hanno in seguito patteggiato una pena e testimoniato nel processo che vede imputato il presunto complice a Cuneo.
 
Secondo la ricostruzione accusatoria, E.Q. avrebbe sfruttato in due diverse occasioni la carta bancomat del prelato, dalla quale erano stati prelevati nel complesso quasi 3mila euro. A sostegno di queste ipotesi le immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza di un bancomat a Saluzzo e di una sala giochi di Cuneo, dove l’imputato era stato individuato assieme agli autori materiali del furto.
 
Nell’udienza odierna è stato ascoltato uno dei due ragazzi, che ha scagionato E.Q. da ogni addebito affermando che soltanto lui e l’altro minorenne avevano utilizzato la carta, mentre l’amico non sarebbe stato nemmeno a conoscenza della sua provenienza illecita. Agli atti risultano comunque due ricariche telefoniche effettuate con quel bancomat sul cellulare dell’imputato.
 
Per il pubblico ministero Alessandro Borgotallo questo fatto renderebbe evidente la partecipazione consapevole e cosciente dell’imputato ai crimini commessi dalla baby gang: “Si è prestato a fare da autista all’amico fino a Cuneo e lo ha indirizzato su una sala giochi che solo lui conosceva, sapendo che lì sarebbe stato più facile prelevare. Impensabile che non sapesse nulla sulla provenienza di quella carta”.
 
L’avvocato Antonio Vetrone ha rilevato come “il semplice supporto morale alla realizzazione del reato altrui non sia una condizione sufficiente per parlare di un concorso”, chiedendo pertanto l’assoluzione perché il fatto non sussiste o per la evidente contraddittorietà della prova.
 
Al termine della discussione, il giudice Marco Toscano ha ritenuto necessario rinviare la sentenza: per accertare ulteriori particolari riguardo alla titolarità delle utenze telefoniche sarà necessario ascoltare il luogotenente Fabrizio Giordano, comandante della stazione Carabinieri di Saluzzo, nella prossima udienza fissata per il 20 marzo.

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