CUNEO - Condannato per falso il segretario comunale di Cuneo

Giorgio Musso era a processo per una vicenda scaturita da una causa civile tra due concessionarie. La Procura aveva chiesto l’assoluzione: “È un falso innocuo”

Andrea Cascioli 18/11/2023 13:10

C’è una vittima illustre nella “guerra” giudiziaria tra due concessionarie auto, legata alla titolarità del marchio Peugeot. Si tratta di Giorgio Musso, segretario generale del Comune e della Provincia di Cuneo.
 
Musso è stato riconosciuto colpevole di falso dal tribunale di Cuneo e condannato a sei mesi e dieci giorni. Al funzionario, che ha optato per il rito abbreviato, è accordato il beneficio della sospensione della pena: nessuna conseguenza in ambito lavorativo, almeno fino a quando la sentenza non sarà passata in giudicato. In quel caso starà agli enti valutare un eventuale procedimento disciplinare.
 
La vicenda per cui è finito a processo trae origine da una causa civile fra Armando group, rappresentante del marchio Citroen a Cuneo, e Cuneotre, concessionaria della Peugeot fino ad alcuni mesi fa. A seguito della cessazione del rapporto che legava Cuneotre al gruppo automobilistico Psa Italia, era stato previsto il passaggio di Peugeot alla concorrente Armando. Cuneotre, però, lamentava un comportamento sleale da parte dell’altro concessionario cuneese, sostenendo che la notizia del passaggio sarebbe stata diffusa anzitempo per danneggiarne l’attività. La corte d’appello di Torino ha poi scagionato Armando dalle accuse: nessuna concorrenza sleale. I giudici civili hanno anche rinviato alla Procura di Cuneo alcuni atti ritenuti sospetti: dichiarazioni di privati che il querelante aveva prodotto, con l’obiettivo di provare la malafede di Armando.
 
In sede di giudizio, Cuneotre aveva portato questi stessi documenti con l’autentica del segretario comunale, in qualità di pubblico ufficiale. I sottoscrittori sono stati sentiti in Procura e tutti hanno ribadito di aver presentato la propria dichiarazione in concessionaria, di fronte a Musso. Il punto è che le dichiarazioni non erano state firmate, ma solo confermate in quel momento: il segretario aveva apposto il suo timbro sui documenti, senza modificarne la data. Un falso innocuo ai fini della causa civile, secondo il sostituto procuratore Alberto Braghin: tanto più considerando che questa documentazione era stata ritenuta non dirimente dai giudici. La Procura aveva quindi chiesto l’archiviazione per Musso, ma la parte civile Armando si era opposta e così il gip Sabrina Nocente. Per il giudice, il funzionario pubblico avrebbe dichiarato l’autenticità di firme non apposte in sua presenza, commettendo quindi il falso.
 
Di fronte al gup Cristiana Gaveglio la procura ha smentito questa tesi e ribadito la sussistenza di un falso innocuo. Il gup ha invece emesso un verdetto di condanna, ma allo stesso tempo ha respinto le pretese risarcitorie della Armando: il comportamento di Musso, dunque, avrebbe leso la fede pubblica ma non la parte privata. Il legale del segretario comunale, l’avvocato Enrico Collidà, fa sapere che la difesa si riserva di valutare l’appello dopo che saranno state rese note le motivazioni della sentenza.

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