CUNEO - Cuneo, segregò in casa la figlia ventenne: “Non accettava il mio fidanzato italiano”

Il 68enne marocchino è finito a processo con il figlio 23enne. “Un amico di famiglia disse che se volevo frequentarla dovevo convertirmi all’Islam” racconta il compagno

a.c. 17/01/2023 13:32

Un ragazzo italiano e una giovane di famiglia marocchina, coetanei, innamorati. Una storia come tante, se non fosse che l’opposizione della famiglia di lei alla loro relazione l’ha resa una vicenda da moderni Romeo e Giulietta. Con tanto di fuga da casa ma con un finale, per fortuna, molto più roseo.
 
“Ero alla fine dell’anno scolastico, quando hanno scoperto che stavo con un ragazzo italiano non mi hanno più fatta uscire” ha raccontato lei, nata e cresciuta a Cuneo, che oggi ha quasi 22 anni e convive da due con il suo fidanzato. Per quanto accaduto nell’estate del 2021 il padre 68enne e il fratello maggiore della ragazza, 23enne, sono finiti a processo con accuse di violenza privata e lesioni.
 
Il padre, ha detto la giovane, era arrivato al punto di sequestrarle il telefonino e segregarla nella sua stanza, con l’assenso della madre: “Mi portava da mangiare in camera. È successo tante volte. L’ultima volta, il 2 agosto, sono scappata e non sono più tornata”. In quell’occasione il genitore aveva cercato di trattenerla, lasciandole segni sul collo: “Anche mio fratello si è intromesso e mi ha presa a schiaffi. Quando sono riuscita a scappare sono andata in ospedale e poi a fare denuncia”. La querela tuttavia non riguardava l’ipotesi di violenza privata, divenuta quindi improcedibile per effetto della riforma Cartabia appena entrata in vigore.
 
Il motivo di tanta ostilità, ha spiegato il fidanzato, dipendeva dal fatto che lei sarebbe già stata “promessa” a un uomo di trent’anni che vive in Marocco, figlio di un amico di famiglia. Era stato quest’ultimo a spiegarlo: “Il padre mi aveva anche fatto seguire da lui. Disse che se avessi voluto continuare a frequentarla avrei dovuto convertirmi all’Islam. Mi aveva pure minacciato mimando il gesto di tagliare la gola. Io l’ho presa sul ridere, ma mi sono preoccupato per la mia ragazza, quando ho saputo che era stata picchiata”. Nessuno, nei due anni di convivenza, è più venuto a cercarla: “Ora siamo tranquilli”.
 
Il pubblico ministero Raffaele Delpui aveva chiesto per il “padre padrone” la condanna a sei mesi di carcere, limitata alla sola ipotesi di lesioni. L’avvocato Debora Ferrero, difensore di entrambi gli imputati, ha rilevato come il referto medico non specificasse la natura delle lesioni e giudicato “non convergenti” le testimonianze rese dalla persona offesa e dal fidanzato.
 
Il 68enne è stato condannato a sei mesi con pena sospesa per le lesioni. Per il reato di violenza privata, contestato sia a lui che al figlio, il giudice Elisabetta Meinardi ha pronunciato sentenza di non doversi procedere.

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