LIMONE PIEMONTE - “Era impossibile prevedere quella valanga”: parlano le due guide alpine accusate di omicidio colposo

La Procura ritiene i due accompagnatori responsabili della morte di Eric Potier, il 35enne nizzardo investito da una slavina a Limone nel dicembre 2016

a.c. 08/04/2021 17:50

 
Era possibile prevedere la valanga del 23 dicembre 2016 che provocò la morte del 38enne nizzardo Eric Potier, impegnato in un fuoripista a Limone Piemonte?
 
La Procura di Cuneo sostiene di sì e per questo ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio per omicidio colposo di due guide alpine, V.R. e P.C., che quel giorno accompagnavano Potier insieme a una decina di scialpinisti francesi in un’escursione nella Riserva Bianca. Gli sciatori erano partiti da Limonetto e - dopo essere stati lasciati dall’elicottero appena al di sotto della cima Giosolette - stavano percorrendo la dorsale nord est. Potier era sceso per quarto, dopo la guida V.R. che faceva da apripista e due amici, quando una slavina di grandi dimensioni lo aveva travolto: nonostante il rapido ritrovamento del corpo e il soccorso del 118, i tentativi di rianimare l’escursionista si erano rivelati inutili.
 
Per i consulenti dell’accusa le due guide avrebbero sottovalutato i pericoli, a cominciare dal fatto che il bollettino valanghe quel giorno indicasse rischio di livello tre su una scala di cinque: un valore “intermedio” che tuttavia, secondo il perito della Procura, andava considerato elevato in quel contesto anche alla luce del fatto che nelle precedenti trentasei ore l’area era stata interessata da forti nevicate e venti intensi. “Il pericolo zero non esiste, ma ci si poteva aspettare tuttalpiù una valanga di piccole dimensioni” ha obiettato il consulente difensivo Stefano Pivot, ricordando che i test compiuti su due punti diversi del pendio per cercare gli strati deboli della neve avevano dato esito negativo. Altro elemento insolito in quella slavina è il distacco tardivo: Potier, infatti, era sceso per quarto dopo V.R. e due compagni di escursione. “Dalle statistiche svizzere, le più accurate nel campo, sappiamo che il rischio maggiore lo corre il primo che scende: nove valanghe su dieci coinvolgono chi fa da apripista” ha osservato Pivot. Circa l’imprevedibilità di quell’evento si è detta concorde l’altra consulente di parte, l’ingegner Barbara Frigo: “Quella staccatasi a Limone era una valanga di grandi dimensioni, non prevedibile in quel contesto morfologico. Non si può pensare che sul distacco abbia inciso il passaggio di più sciatori, il manto nevoso viene sollecitato solo quando sono almeno una quarantina di persone a calpestarlo”.
 
Anche gli imputati, nel corso delle ultime due udienze, hanno reso la loro versione dei fatti. Per V.R., maestro di sci e guida alpina da oltre quarant’anni, malgrado gli effetti del vento fossero visibili nulla faceva sospettare ciò che sarebbe successo: “Non abbiamo visto movimenti spontanei nemmeno dall’elicottero. Una volta sul posto, come per ogni discesa ho effettuato le prove di stabilità e la neve non ha dato nessun segno di cedimento”. V.R. era stato testimone diretto della tragedia mentre osservava la discesa di Potier: “Ho sentito un frastuono e quando mi sono incamminato si stava già muovendo tutto. Prima che riuscissi ad attivare il mio airbag sono stato investito dal soffio della valanga, poi mi sono trovato con uno sci sganciato mentre la neve iniziava a coprirmi”. Sarebbe stato proprio lui in seguito a ritrovare lo scialpinista sepolto, prima che sopraggiungessero i soccorsi chiamati dal collega P.C.: “Una valanga mai vista, - ha ricordato quest’ultimo - in un attimo si è staccato un fronte di quasi 500 metri che poi è diventato nubiforme e ha sollevato una nuvola per decine di metri: a quel punto non si è visto più nulla”.

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