CUNEO - Furti in appartamento a Cuneo, a processo una coppia di rom

La ragazza, poco più che diciottenne all’epoca dei fatti, era stata venduta dalla famiglia di origine al marito, che la picchiava e la ‘dirigeva’ nei colpi

a.c. 18/09/2019 18:47


Non era stato un bel Capodanno quello del 2012 per diverse famiglie residenti nel centro di Cuneo. La sera del 31 dicembre, infatti, erano stati segnalati alla Questura una rapina impropria e diversi furti in appartamento nella zona di via senatore Toselli.

Gli agenti di Polizia avevano però ritrovato una traccia importante vicino a una porta: la ricevuta di una ricarica telefonica, effettuata nel tardo pomeriggio dello stesso giorno in un autogrill della Torino-Savona. Sul numero indicato nella ricevuta erano quindi partite le intercettazioni, protrattesi dai primi giorni di gennaio al marzo 2013, che avrebbero portato infine all’arresto di una coppia di rom residente a Magenta.

La donna, poco più che diciottenne all’epoca dei fatti, è J.N., originaria di una famiglia nomade di Nichelino. Era in uso a lei quel numero di cellulare che i poliziotti avrebbero rintracciato, nelle settimane successive, in diversi luoghi tra Piemonte e Lombardia dove la giovane si muoveva per mettere a segno vari ‘colpi’: “Dalle telefonate registrate - ha testimoniato in aula l’assistente di Polizia Cristian Mazzola - emerge che la donna si spostava in compagnia di altre rom e veniva monitorata dal marito: lui le suggeriva anche dove nascondersi, o quali oggetti della refurtiva portarsi dietro”.

Il marito P.J., classe 1994, si trova per questo sotto processo a Cuneo per concorso morale in rapina impropria, reato di cui deve rispondere invece sua moglie. Quest’ultima era stata arrestata il 6 marzo 2013 in Svizzera proprio in seguito alle indagini partite dalla Granda: la polizia cantonale svizzera l’aveva fermata insieme a una sua compagna, in possesso di cacciaviti e arnesi da scasso. Anche in quest’ultima occasione il marito avrebbe agito da ‘suggeritore’: al telefono, i due rom parlavano di come evitare di imbattersi nei ”gagé” (il termine della lingua romanì che designa i 'non rom') e chiamavano “caramelle” gli oggetti preziosi sottratti.

Dalle intercettazioni era emerso anche un quadro di degrado e violenze familiari che la ragazza si trovava ad affrontare in casa dei suoceri. In un’occasione, P.J. era stato registrato al telefono con il suocero, il quale lo rimproverava per aver pestato sua figlia: “Le hai spaccato la bocca e l’hai ammazzata di botte” diceva il padre di J.N. nel corso di una conversazione dalla quale emergeva come la giovane fosse stata ‘acquistata’ dalla famiglia di origine dietro il pagamento di una somma in denaro.

Tempo dopo, la stessa J.N. si era lamentata al telefono con la madre per le continue vessazioni. In lacrime le aveva raccontato che il marito continuava a picchiarla perché lei, per evitare di farsi sequestrare tutta la refurtiva dalla famiglia di lui, aveva trattenuto per sé poche centinaia di euro in alcune occasioni.

Entrambi gli imputati hanno svariati precedenti a loro carico per furti in appartamento. Nel 2016 J.N. è stata arrestata dai carabinieri di Caorle, nel Veneziano, in seguito a un ordine di carcerazione emesso dal tribunale di Genova: su di lei pendeva infatti una pena di due anni e 10 mesi di reclusione per reati contro il patrimonio commessi tra il 2009 e il 2013 nei comuni di Milano e Genova.

La prossima udienza nel processo che la coinvolge a Cuneo insieme al marito si terrà il 16 ottobre.

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