CUNEO - Il giallo del Modigliani finisce con un’assoluzione

Il gallerista Fabrizio Quiriti era stato portato in tribunale dall’ex patron dell’Alpitour Guglielmo Isoardi. Sosteneva di essere stato truffato con un falso Modì

a.c. 14/09/2022 15:11

È un vero e proprio giallo quello ricostruito dal tribunale di Cuneo nel corso di un procedimento per truffa contro il gallerista Fabrizio Quiriti. Il processo di primo grado si è concluso con una sentenza di assoluzione per insussistenza dei fatti, pronunciata dal giudice Marco Toscano al termine dell’istruttoria.
 
A denunciare Quiriti, a lungo curatore della galleria Il Prisma di Cuneo, era stato uno dei suoi clienti storici, l’ex patron di Alpitour e collezionista d’arte Guglielmo Isoardi. La vicenda inizia nel 2005, quando Isoardi aveva acquistato presso la galleria di via XX Settembre un “Bronzo con buchi” di Lucio Fontana, pagato 25mila euro. La scultura dell’artista italo-argentino, celebre per i “tagli” su tela, si sarebbe rivelata però un falso a una successiva stima della Fondazione Fontana, richiesta dal compratore nel 2016. A quel punto Quiriti e Isoardi avevano pattuito a titolo di risarcimento il versamento di un assegno da 25mila euro e una decina di opere di autori vari dall’analogo valore, scelte dallo stesso Isoardi. L’assegno però era risultato scoperto e i quadri, sottoposti a perizia, assai meno quotati di quanto si credeva: non più di 8mila euro, secondo le valutazioni commissionate dall’ex “signor Alpitour”.
 
Tra le dieci opere scelte figuravano sei tele dell’artista centallese Pier Giuseppe Imberti (valutate 500 euro l’una), due della pittrice sudafricana Esther Mahlangu, un dipinto di Aldo Mondino privo di certificazione di autentica provenienza e un disegno a carboncino attribuito nientemeno che ad Amedeo Modigliani. La contesa tra accusa e difesa durante l’istruttoria è ruotata soprattutto attorno all’autenticità di quest’ultimo. Quiriti si è detto tuttora convinto che la mano sia quella dello sregolato genio livornese, attivo nella Parigi di inizio Novecento: “Era un disegnatore compulsivo, produceva un’infinità di copie che alla sera cercava di rivendere nei ristoranti e realizzava anche ritratti al momento. Quel quadro da solo vale più dei 50mila euro pattuiti”. Tuttavia il critico d’arte Christian Parisot, custode dell’eredità artistica di Modì, aveva presentato - e poi ritirato - una denuncia contro ignoti nella quale dichiarava di non aver mai sottoscritto il certificato di autenticità per quel disegno. Quiriti, da parte sua, ha ammesso di non ricordare chi gli avesse venduto il disegno a carboncino. Vero o falso, dunque? Il dubbio non è stato fugato.
 
Nei confronti dell’imputato la pubblica accusa rappresentata dal procuratore Alessandro Borgotallo aveva chiesto la condanna a 15 mesi di reclusione e 800 euro di multa. Il legale di Isoardi, avvocato Luca Domenico Ciavarella, ha dato la sua versione sul Modì della discordia: “Indagini ulteriori potrebbero dirci se i pigmenti siano quelli dell’epoca o se il tratto sia quello dell’artista, ma ciò che interessa è la commerciabilità: è poca o nulla, se non accompagnata dai certificati”. La questione rilevante è dunque che Quiriti “non è in grado quindi di garantire né la provenienza né l’atto di compravendita”. Ancorché all’epoca della vendita del falso Fontana il gallerista figurasse come semplice dipendente della Prisma, ha aggiunto l’avvocato, sarebbe stato in realtà lui a gestire la società: “Lo prova il fatto che l’amministratore formale non ricordasse nemmeno l’indirizzo della galleria”.
 
Per l’avvocato Cristiano Burdese, difensore di Quiriti, quest’ultimo non aveva alcun obbligo giuridico nei confronti di Isoardi: “Avendo fatto affari con lui dalla fine degli anni Settanta e in virtù del loro ottimo rapporto, accettò comunque di risarcirlo. Quello raggiunto tra Quiriti e Isoardi era un accordo alla pari: la scelta delle opere è stata concordata ed è stato lo stesso Isoardi a selezionarle. Tra i due c’era uguale dimestichezza con il mondo dell’arte”. Quanto alla “contropartita” del Fontana, le stime della parte civile sarebbero “completamente ingiustificate”: “Il controvalore delle opere indicato in 50mila euro è in realtà congruo, anche escludendo il Modigliani che peraltro non è mai stato restituito”.
 
Nella fortuna postuma dell’artista livornese non mancano le controversie di questo tipo. Sono passati quasi quarant’anni da quando tre talentuosi studenti architettarono il ritrovamento del più celebre tra i falsi Modì. Tre presunte sculture del maestro emersero nell’estate del 1984 dal Fosso Mediceo di Livorno. Le teste scolpite, che non pochi critici d’arte giurarono essere autentiche, erano state in realtà realizzate con un trapano elettrico dai giovani burloni, autodenunciatisi poche settimane più tardi. Nel frattempo era già stato addirittura pubblicato un catalogo sulle “teste di Modigliani”, con il commento di eminenti esperti pronti a garantirne l’autenticità. In quel caso, perlomeno, tutto si concluse con una risata.

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