BOVES - Il giallo di Nada Cella a una svolta: c’è Dna femminile sconosciuto sulla scena del delitto

Tre le tracce ritrovate nell’ufficio di Chiavari, dove nel 1996 fu massacrata la giovane segretaria. L’unica indagata è Annalucia Cecere, oggi residente a Boves

Andrea Cascioli 08/09/2022 18:18

Ci sono voluti dieci mesi per avere un primo riscontro sui reperti legati al delitto di Nada Cella. Ora siamo a un punto di svolta: il genetista Emiliano Giardina con la sua équipe ha rinvenuto tracce di Dna femminile in tre diversi punti, sulla scena dell’omicidio avvenuto a Chiavari ormai più di un quarto di secolo fa.
 
Era il 6 maggio 1996 quando la giovane segretaria, non ancora venticinquenne, venne massacrata nello studio commercialistico di via Marsala 14, dove lavorava. Da allora la sua morte, spesso paragonata al caso di via Poma, è entrata fra i misteri irrisolti della cronaca nera. L’oggetto contundente con cui la ragazza era stata colpita con assurda violenza non è mai stato ritrovato. Contro il suo datore di lavoro Marco Soracco, unico sospettato all’epoca delle prime indagini, le accuse sono presto cadute. Ma la tenacia di una criminologa che si è interessata al caso, la barese Antonella Delfino Pesce, ha permesso all’avvocato della famiglia Cella Sabrina Franzone di ottenere nuovi riscontri e chiedere la riapertura del caso.
 
Solo un anno fa le indagini sono riprese a carico di una persona che era entrata in maniera marginale nella prima inchiesta: si tratta di Annalucia Cecere, oggi 54enne. All’epoca viveva a poche centinaia di metri dallo stabile di via Marsala e conosceva Soracco, col quale forse avrebbe voluto instaurare una relazione. L’ipotesi degli inquirenti è che possa aver agito spinta da gelosia nei confronti della segretaria del commercialista, ritenendola una possibile rivale in amore. Nello stesso 1996, pochi mesi dopo l’omicidio, la Cecere si era trasferita in provincia di Cuneo dove vive tuttora: abita a Boves in frazione Mellana con il marito e un figlio e in passato ha svolto per qualche tempo la professione di maestra elementare.
 
La presenza di Dna femminile sulla scena del delitto Cella era nota fin dal 2010, quando il sostituto procuratore Francesco Saverio Brancaccio aveva disposto una prima riapertura del fascicolo. La pista battuta, quella del possibile coinvolgimento di alcuni trafficanti di droga albanesi che erano stati vicini di casa della vittima, non portò a nulla. Ma dai nuovi riscontri emerse una traccia di Dna femminile sulla camicetta di Nada che la scientifica non aveva individuato in precedenza. Oltre alla macchiolina di sangue sull’indumento ce n’è un’altra sulla sedia vicino alla scrivania della segretaria. Una traccia ulteriore è stata scoperta sull’ascensore del palazzo. Si sa con certezza che questi reperti non appartengono a Nada Cella e in un primo tempo erano stati attribuiti a due soggetti, uno di sesso maschile e l’altro di sesso femminile. Stando a quanto trapela dalle fonti investigative, si sarebbe giunti alla conclusione che almeno uno appartenga a un’altra donna. Si saprà di più solo quando Giardina, noto al grande pubblico per l’identificazione dell’“ignoto 1” nel caso Yara Gambirasio, depositerà la perizia. La scadenza prevista è il 28 settembre, ma più volte in questi mesi la consegna dei risultati è stata posticipata.
 
Meno promettente per la Procura sembra essere l’analisi dei reperti estratti dal motorino di Annalucia Cecere. Lo scooter, lo stesso su cui la donna viaggiava quando ancora risiedeva in Liguria, è stato sequestrato dalla polizia lo scorso anno nel garage di Mellana. In aprile si era escluso che vi fossero tracce ematiche, come si era sostenuto in un primo momento. Lorenzo Franchino, il marito della Cecere, aveva ipotizzato in precedenza che eventuali macchie di sangue fossero riconducibili al figlio: il ragazzo aveva utilizzato il motorino della mamma per alcuni anni e in un’occasione aveva subito un incidente.
 
Dalla perizia sul Dna, in ogni caso, dipende il destino delle indagini. Se le analisi genetiche confermassero la presenza di Annalucia Cecere sulla scena del crimine la Procura di Genova potrebbe chiedere il rinvio a giudizio dell’indagata, usando come elementi a carico anche i numerosi indizi raccolti dalla Delfino Pesce. In caso contrario, l’eventualità più concreta resta una nuova - e forse a questo punto definitiva - archiviazione del fascicolo.

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