CUNEO - Il grido di dolore della mamma di Andrea Costa: “Aiutatemi a riportare il suo corpo in Italia”

Alla trasmissione “I fatti vostri” la cuneese Yvette Aimar ha raccontato il suo calvario, dopo l’omicidio del figlio nelle Canarie: “Non ci avevano nemmeno avvisati”

Andrea Cascioli 27/10/2021 09:10

Yvette Aimar non sa ancora perché suo figlio sia morto, anzi ufficialmente non è nemmeno sicura che siano suoi quei resti carbonizzati, ritrovati lo scorso 13 settembre nell’abitacolo di un’auto abbandonata alle Canarie.
 
Il 42enne Andrea Costa, cuneese di Confreria, viveva lì da un anno, da quando insieme alla sua compagna si era trasferito nell’arcipelago spagnolo con il sogno di cambiare vita. Con la liquidazione da operaio della Michelin aveva messo in piedi un social, ovvero un cannabis club autorizzato. L’avventura era durata solo pochi mesi, al termine dei quali sua moglie era dovuta rientrare in Italia per motivi familiari. Andrea stava per fare altrettanto, ma il destino ha deciso altrimenti: è morto un venerdì sera, il 10 settembre, massacrato - sembra - da un uomo appena incontrato ma che considerava suo amico. Il 39enne David José R.P., soprannominato “el Adoptado”, è il presunto aguzzino che dopo averlo pestato a morte nell’alloggio di cui Andrea era ospite, forse addirittura lasciandolo agonizzante per ore, ne avrebbe nascosto il cadavere in un’auto dandola poi alle fiamme. Un maldestro tentativo di cancellare le tracce che non è bastato a sviare gli inquirenti: a poche ore dal ritrovamento la polizia aveva già arrestato il pregiudicato, conosciuto come un violento e avvezzo ad entrare e uscire di prigione da anni.
 
Sull’intera vicenda la madre della vittima sa ben poco oltre a quello che hanno raccontato i giornali spagnoli. Alla trasmissione di Rai 2 “I fatti vostri” di Salvo Sottile, dove lunedì era ospite insieme alla sorella Daniela, ha confermato che dalle Canarie nessuno si è mai messo in contatto con la famiglia. Della morte di Andrea a Confreria si è saputo quasi per caso: “L’ho saputo il mercoledì pomeriggio (15 settembre, ndr). Martedì notte suo cugino Giuseppe Costa, che era stato per un po’ di tempo nelle Canarie, era stato avvisato da amici comuni del ritrovamento di un’auto bruciata, con un corpo all’interno. Si pensava fosse lui”. Dall’omicidio è trascorso ormai un mese e mezzo, eppure manca perfino il riconoscimento ufficiale della salma. La sorella Claudia si è offerta di provvedere e ha cominciato a tempestare di telefonate gli uffici consolari e le forze di polizia. Il suo appello finora è caduto nel vuoto: né in Spagna né in Italia qualcuno ha informazioni certe sui tempi e le modalità di rimpatrio di quei poveri resti. La cosa che più sta a cuore, in questo momento, alla famiglia Costa.
 
“Andrea lo conoscevano tutti, - racconta la mamma - anche perché era un ragazzo particolare: andava in giro con il suo pappagallo sulla spalla, gli piacevano gli animali e soprattutto adorava i cani, era gioviale con chiunque”. Un uomo “intelligente ma troppo fiducioso nel prossimo”, tanto da lasciarsi avvicinare da persone poco raccomandabili: “L’ultima volta che l’ho sentito è stato il venerdì: mi ha detto che era ospite di amici che aveva conosciuto da poco e stavano facendo un barbecue, per cui non aveva tanto tempo per stare al telefono. Mi ero preoccupata, gli avevo detto di stare attento, perché nessuno fa niente per niente. Lui ha risposto che stavano facendo festa e ha chiuso la telefonata”. Gli ultimi mesi di vita di Andrea non erano stati facili, tra lo sfratto del social e i tentativi di vendere la sua licenza commerciale, in modo da non rientrare in Italia a mani vuote. Secondo sua madre, potrebbe essere legato proprio a questo il suo incontro con “el Adoptado” e con i nuovi amici dei quali, in fondo, non sapeva nulla.
 
Per quanto si è potuto ricostruire, il movente dell’assassinio potrebbe essere una lite scoppiata dopo una cena in un ristorante giapponese. David José R.P. e gli altri erano fuggiti senza pagare, Costa invece no: aveva atteso la Guardia Civil e chiarito la sua posizione. Uno “sgarbo” che gli altri, supponendo di essere stati accusati dall’italiano, avevano preso molto male: ma davvero dietro a una simile brutalità può esserci una ragione tanto futile? Yvette Aimar se lo è domandata e si è risposta di no: “Non credo che ci fosse solo questo alla base. Sicuramente queste persone gli stavano dietro per altro e per farlo star zitto lo hanno ammazzato”. Forse è proprio il sospetto omicida l’unico che potrebbe chiarire questo dubbio, a meno che non lo facciano i due presunti complici - una donna e un altro uomo, anch’egli con gravi precedenti - finiti in carcere insieme a lui. Quel che è certo è che in quell’appartamento c’erano almeno sei persone oltre ad Andrea e al carnefice. Tutti hanno visto, nessuno ha fatto nulla.
 
Ma nemmeno questo, adesso, è in cima alle preoccupazioni dei suoi cari. Che alle autorità chiedono una cosa soltanto, quella ribadita di fronte alle telecamere da mamma Yvette: “Andrea era un cittadino italiano: vorrei che lo Stato mi aiutasse e voglio che mio figlio abbia una sepoltura”.

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