LIMONE PIEMONTE - La valanga travolse un francese, assolte le guide alpine che lo accompagnavano

Nel dicembre 2016 la gita in eliski finita in tragedia sul monte Ciamoussè: il 35enne Eric Potier, esperto sciatore investito dalla slavina, morì sul colpo

in foto: il 35enne Eric Potier, vittima della valanga

a.c. 13/05/2021 19:11

 
La Procura di Cuneo li aveva chiamati a rispondere sia di omicidio colposo che di procurata valanga, ma per il giudice Emanuela Dufour le due guide alpine P.C. e V.R. non sono responsabili di quanto accadde la mattina del 23 dicembre 2016 sulla cima del monte Ciamoussè, nel comune di Limone Piemonte.
 
Quel giorno i due esperti accompagnatori avevano condotto un gruppo di scialpinisti francesi durante una gita in eliski nella Riserva Bianca. Gli sciatori erano partiti da Limonetto e - dopo essere stati lasciati dall’elicottero appena al di sotto della cima Giosolette - stavano percorrendo la dorsale nord est della montagna. Al passaggio del quarto sciatore, dopo la guida V.R. che faceva da apripista e due amici, una slavina di grandi dimensioni si era distaccata travolgendo il gruppo: non c’era stato purtroppo nulla da fare per Eric Potier, 35enne nizzardo, ucciso sul colpo dalla valanga. Potier, residente a Levins e titolare di un negozio di articoli sportivi a Saint-Laurent-du-Var, era l’organizzatore dell’escursione e un esperto sciatore.
 
Nel corso della requisitoria il pubblico ministero Anna Maria Clemente ha riepilogato le presunte mancanze imputate alle due guide: in particolare, secondo l’accusa, la presenza di neve recente e la forte attività eolica dei giorni precedenti avrebbero dovuto mettere in guardia circa il possibile distacco su un pendio ripido come quello. “Chi meglio di due guide esperte avrebbe potuto leggere questi segnali?” ha argomentato il procuratore: “Non si dica che la valanga non si poteva prevedere perché di dimensioni eccezionali, gli elementi per prevederla c’erano. Si sarebbe potuto scegliere un pendio meno ripido o meno esteso, tale per cui il distacco avrebbe avuto conseguenze meno gravi. Siamo in un contesto in cui il rischio zero non esiste e non si sta dicendo che il livello di rischio indicato dal bollettino Arpa non si potesse fare fuoripista, ma si sarebbero dovute adottare semplici regole”.
 
Sia per V.R. che per P.C. la Procura aveva chiesto la condanna a un anno e nove mesi, ritenendo che i due avessero commesso errori anche nella fase di ricerca del disperso: “Oltre a essere impattante sull’ambiente, l’eliski è una pratica priva di disciplina e quasi sempre rimessa alle decisioni della singola guida alpina: ecco perché è fondamentale non allentare mai la guardia e non cadere nell’abitudinarietà”.
 
“La guida alpina è la prima persona a mettere a rischio la propria vita, ma non si può imputare l’incidente alla guida per aver scelto un pendio ‘troppo ripido’” ha ricordato l’avvocato Federico Parini, difensore di V.R., contestando la ricostruzione del perito di accusa: “È stato evidenziato che c’erano tracce precedenti: qualcuno era già sceso su quel pendio e non è solamente un indice fondamentale riguardo al manto nevoso ma anche a proposito dell’attività eolica”. Altro “errore grossolano”, ha aggiunto il difensore, “è dire che le ricerche siano state effettuate male quando il dispositivo Artva era stato attivato dopo appena quaranta secondi”. Analoghe considerazioni dalla difesa di P.C., rappresentata dall’avvocato Vittorio Sommacal: “Non era presente nessuno dei segni inequivocabili di una valanga imminente, come le fessurazioni nella neve, gli scricchiolii di cedimento o i distacchi spontanei. Quanto al bollettino, anche i carabinieri hanno invitato a contestualizzare: un ‘rischio 3’ a Livigno non è identico a quello che può esserci sulle Alpi marittime”.
 
Dopo oltre un’ora di camera di consiglio il giudice pronunciato sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato. Il verdetto è stato accolto in aula dal sollievo degli imputati, entrambi presenti a tutte le udienze, e dei colleghi venuti a manifestare la propria solidarietà.

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