CUNEO - L’amico finì in overdose dopo un droga party, in tre accusati di omissione di soccorso

Uno degli imputati avrebbe somministrato metadone al diciottenne mentre era svenuto: “Non volevano che chiamassi il 118” racconta il padrone di casa

a.c. 08/07/2021 19:05

 
Cocaina, eroina, cannabis e superalcolici. Un mix pericolosissimo che è quasi costato la vita a un ragazzo residente a Cuneo, all’epoca appena diciottenne.
 
Il giovane finì in coma dopo l’overdose e restò per sei giorni tra la vita e la morte. Gli amici che erano con lui in un appartamento del centro storico, quella sera di agosto del 2016, ora devono rispondere di accuse pesanti: omissione di soccorso, spaccio, lesioni e minaccia le imputazioni contestate a vario titolo dalla Procura. In tribunale si è costituito contro di loro anche il giovane che rischiò di morire a seguito del droga party organizzato in casa di una persona che in quel periodo ospitava sia lui che A.T., uno degli imputati: “Era la prima volta che mi facevo di eroina: mi istigavano, soprattutto A.T. mi stava addosso. Avevo vissuto in casa sua e gli avevo sempre detto di no, ma quella sera ho accettato”.
 
Sarebbe stato A.T., ha aggiunto, a somministrargli il metadone mentre era già in stato di incoscienza: “Ricordo di essermi svegliato per breve tempo dopo essere svenuto, mi ha detto che mi aveva iniettato del metadone. Poi ho di nuovo perso conoscenza”. Insieme a loro due e all’uomo che li ospitava in quella casa sarebbe stato presente anche E.P., tossicodipendente abituale seguito dal Sert, che secondo gli inquirenti era in possesso del metadone. Una terza persona, tale F.G. detto “zio Frank”, avrebbe invece fornito la droga: “Avevamo preso anche duecento euro di cocaina, ce l’aveva data a un prezzo speciale per la festa”.
 
Benché il ragazzo fosse stato male tutta la notte, a chiamare l’ambulanza aveva provveduto solo la sua fidanzata dopo averlo raggiunto nell’appartamento il mattino successivo. “Ho cominciato a chiamarlo verso l’ora di pranzo - ha ricordato lei - ma non rispondeva. Allora sono andata a casa, ho bussato più volte e A.T. alla fine ha aperto. Era in stato confusionale e non era tanto d’accordo all’idea che chiamassi i soccorsi, anzi mi diceva che non era successo nulla e dovevo stare tranquilla”. Il padrone dell’alloggio non è imputato in questo procedimento: al giudice ha riferito di essere andato a dormire presto e di essersi accorto di quanto era accaduto solo al mattino. “Io non prendevo droghe, ma permettevo che si facessero in casa mia perché mi minacciavano” ha detto, aggiungendo: “È successo anche quel mattino. Volevo chiamare l’ambulanza, A.T. mi ha tolto il telefono mentre E.P. mi ha minacciato prendendomi per il collo: ‘è solo fuso’, diceva”.
 
Gli agenti della sezione antidroga della Questura erano intervenuti acquisendo i tabulati telefonici e interrogando i soggetti coinvolti, tutti conosciuti come assuntori di stupefacenti. Anche il ragazzo finito in coma, tempo dopo, aveva fornito la sua versione dei fatti: “Quelli dell’ambulanza ci dissero che dieci minuti dopo sarebbe morto” ha raccontato l’amico che lo ospitava.
 
Il processo è stato aggiornato per ascoltare altri testimoni.

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