CUNEO - L’omicida evase dal carcere di Cuneo, a processo un agente penitenziario

L’accusa è di omessa custodia. La guardia doveva vigilare sui passeggi il giorno in cui Daniele Bedini mise in atto la sua fuga lampo: fu poi arrestato in stazione

in foto: Daniele Bedini, evaso dal carcere di Cuneo nell'agosto del 2022

Andrea Cascioli 19/05/2025 18:35

Era stata un’evasione che aveva fatto scalpore, quella di Daniele Bedini, perché nessun altro in tempi recenti è riuscito a gabbare la sorveglianza del “super carcere” di Cuneo, uno degli istituti penitenziari più sicuri in Italia.
 
Il falegname carrarese, all’epoca 32enne, era detenuto per rapina e in attesa di giudizio per due omicidi commessi a Sarzana (La Spezia) pochi mesi prima, per i quali è stato poi condannato. Al Cerialdo era stato trasferito nel luglio del 2022, dopo aver tentato di evadere dal penitenziario di La Spezia con una corda fatta di asciugamani e lenzuola, che non aveva però retto il suo peso. Anche nel nuovo carcere, il 9 agosto, il detenuto aveva messo in atto un piano di fuga, questa volta riuscito, arrampicandosi a mani nude su una recinzione durante l’ora d’aria e dileguandosi nei campi.
 
Una fuga agevolata dall’“agilità quasi circense dell’evaso”, conferma l’ispettrice Dolores Marinaro del nucleo investigativo regionale di Polizia Penitenziaria. L’investigatrice ritiene però che alcune falle nella sicurezza dell’istituto abbiano agevolato l’evasione, terminata una mezzora più tardi in stazione. I carabinieri l’avevano fermato su un treno diretto a Fossano, poco prima della partenza.
 
Un agente penitenziario, G.S., è accusato ora di omessa custodia del detenuto, un reato che sanziona chi provoca in maniera colposa un’evasione. Sul conto di Bedini, ricorda l’ispettrice Marinaro, era già stato inviato un ordine di servizio in concomitanza col suo arrivo a Cuneo. Veniva segnalato come un detenuto da “attenzionare” perché reduce da un tentativo di fuga: “Nei passeggi, per esempio, sarebbe dovuto entrare per ultimo accompagnato dall’agente”. Cosa che non successe il 9 agosto, quando anzi Bedini si era presentato per primo all’ingresso nel cortile passeggio, insieme al compagno di cella: “L’addetto al controllo ha affermato di essere a conoscenza che Bedini aveva un ordine di servizio dove si segnalava particolare attenzione, ma ha anche detto di non saperlo riconoscere” spiega la teste.
 
Distratto dal passaggio degli altri reclusi, il sorvegliante non si era accorto che i due detenuti si erano allontanati verso il campetto di calcio, incamminandosi sul camminamento. Al fondo di questo avevano trovato una porta aperta ed erano riusciti a raggiungere il cortile dei detenuti in custodia preventiva: “Questo evento è ripreso dalle telecamere” precisa l’ispettrice. Il “Papillon” carrarino a quel punto si era arrampicato sul tetto della palestra, cosa che non era riuscita al compagno di cella. Da lì era ridisceso, tagliandosi con il filo spinato, e aveva percorso il tragitto fino all’edificio della direzione, arrampicandosi sui condizionatori esterni. Una prova di “atleticità” culminata nell’arrivo al muro di cinta, il punto in cui un poliziotto penitenziario l’aveva avvistato mentre stava già scendendo.
 
In totale, si stima, una quarantina di minuti di “libera uscita” non autorizzata, prima di guadagnare la fuga. Al momento dell’allontanamento di Bedini, l’agente incaricato di sorvegliarlo era l’unico in servizio in quel settore: solo quattro degli otto agenti che sarebbero dovuti essere in servizio erano presenti, gli altri erano stati inviati a coprire posti vacanti. Un altro tema aperto è quello relativo alla videosorveglianza: il sistema di telecamere dovrebbe coprire tutta l’area interna, ma, fa sapere il pm titolare dell’inchiesta, sono stati segnalati ripetuti malfunzionamenti nel tempo.
 
Sulla successiva cattura dell’evaso ha deposto il maresciallo maggiore Francesco Riccobene, in servizio alla sezione operativa dei carabinieri di Cuneo. Lui e i colleghi avevano avuto l’intuizione di controllare, in borghese, i treni in partenza dalla stazione: “Era già successo in passato che tali accertamenti avessero avuto buon esito” spiega il militare. Sui binari c’era in effetti un treno in procinto di partire. Alla capotreno era stato chiesto di ritardare la partenza, sebbene le indicazioni sull’evaso fossero ancora molto vaghe: “Addirittura si parlava di un uomo di colore con indosso una maglietta verde”. L’attenzione dei carabinieri si era appuntata invece su un ragazzo italiano che sembrava dormire, in uno degli ultimi vagoni. A tradirlo erano state le sue risposte alle domande del maresciallo: “Disse che era di Sestri Levante: una zona che io conosco bene, mi aveva indicato una via che non avevo mai sentito”.
 
Fermato in un primo tempo per false generalità, l’uomo era poi risultato essere il ricercato del Cerialdo. Bedini è stato condannato in primo grado all’ergastolo, poi a una pena di trent’anni, per l’omicidio della prostituta Nevila Pjetri, 35 anni, e del transessuale Carlo Bertolotti, detto Camilla, 43enne. A collegare le due vittime il ritrovamento di un proiettile dello stesso calibro, che aveva indotto gli inquirenti a ipotizzare l’azione di un unico killer. Bedini, la cui auto era stata ripresa dalle telecamere di sorveglianza in alcuni punti strategici, era stato sottoposto al fermo. La pistola calibro 22 utilizzata per i due delitti non è mai stata ritrovata, ma si ritiene possa trattarsi dell’arma di cui il padre del falegname aveva denunciato la scomparsa solo pochi giorni prima degli omicidi.
 
L’istruttoria a carico dell’agente penitenziario è aggiornata al 13 ottobre.

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