CUNEO - Macellazione islamica clandestina, in quattro a processo

La polizia aveva trovato montoni sgozzati e vivi in un’autorimessa di San Benigno. Ne è seguita la denuncia per maltrattamenti e uccisione di animali

a.c. 24/02/2020 20:19

 
Era stata una pattuglia della Polizia Stradale a verificare la presenza di un macello clandestino all’interno di un’autorimessa di San Benigno, nel comune di Cuneo. All’interno c’erano tre montoni già sgozzati e altrettanti vivi, di cui uno incaprettato: il sangue fresco a terra, la presenza di un animale appeso e scuoiato e i coltelli lasciavano pochi dubbi circa il fatto che la macellazione fosse avvenuta in quel luogo.
 
Sul posto gli agenti avevano identificato anche alcune persone di cui una minorenne, tutte di nazionalità marocchina. Per H.E.M. (il locatario dell’immobile, classe 1984), H.E.K. (classe 1980) e A.G. (classe 1960) è scattata la segnalazione all’autorità giudiziaria. Non risultava tra i presenti Y.E.K. (classe 1982), chiamato comunque a rispondere con i tre coimputati dei reati di uccisione e maltrattamento di animali.
 
Uno dei presenti, stando a quanto dichiarato dai poliziotti, avrebbe spiegato che la macellazione era collegata alla celebrazione della festa del sacrificio (Id al-Adha), svoltasi in quell’anno 2017 a cavallo tra agosto e settembre. Terminata l’identificazione, la pattuglia della Polstrada aveva richiesto l’intervento della Polizia Scientifica e affidato gli animali vivi al servizio veterinario dell’Asl di Cuneo.
 
Il veterinario sopraggiunto sul posto, dottor Claudio Enrici, ha spiegato in aula di aver dedotto che gli animali fossero stati dissanguati e poi decapitati, secondo il rituale halal: “La macellazione islamica provoca un’agonia non lunghissima ma considerata dolorosa per gli animali, perché non è preceduta da stordimento. Si tratta di una pratica legale, ma deve essere svolta da persone autorizzate e in luogo idoneo. Inoltre nessuno dei capi presentava il necessario contrassegno di origine”.
 
Un’ulteriore contestazione è stata formulata riguardo al trattamento degli animali vivi: “Non avevano lesioni evidenti, ma uno di loro era legato secondo un metodo non più consentito. Le attuali norme sul benessere animale vietano di incaprettare con corde o altri materiali le bestie ancora viventi”.
 
Il processo è stato rinviato al prossimo 3 luglio per ascoltare altri testimoni.

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