VIGNOLO - Morì stritolato da un camion alla Fissolo Trasporti, in quattro sono a processo

Il 34enne Dabo Mahamadou lavorava come operaio. L’accusa di omicidio colposo coinvolge i vertici dell’azienda di Vignolo e l’autista del mezzo pesante

Andrea Cascioli 05/12/2025 19:30

Era ancora vivo Dabo Mahamadou quando i soccorritori l’avevano raggiunto sul piazzale della Fissolo Trasporti, subito dopo l’incidente. Vivo ma in condizioni ormai disperate, tanto che nulla era stato possibile fare per salvarlo: “Insieme all’autista del camion e al titolare della ditta abbiamo cercato di tenerlo attivo fino all’arrivo dei sanitari” ricorda uno dei carabinieri intervenuti quel giorno. La tragedia consumatasi a Vignolo il 7 luglio 2023, poco prima di mezzogiorno, aveva unito nel lutto la famiglia lontana dell’immigrato maliano - sposato e padre di una figlia - e le comunità di Monterosso Grana e Caraglio. A Monterosso Dabo era arrivato nel 2017: “Un compaesano educato, disponibile, ben voluto da tutti, integrato benissimo nella comunità” per il sindaco Stefano Isaia. Aveva lavorato a Caraglio nel negozio “Bioetik” insieme a un amico, poi aveva trovato impiego alla Fissolo, affiancato per qualche tempo a un meccanico che in seguito aveva lasciato il lavoro. Sapeva fare anche il muratore e aveva conseguito il patentino da carrellista. Una morte terribile, quella del 34enne operaio, stritolato da un camion ripartito dopo il rifornimento alla pompa di carburante. L’autista del mezzo, un Iveco con semirimorchio, oggi è accusato di omicidio colposo assieme allo storico titolare della ditta, Giovanni Battista Fissolo, e ai due figli Gianluca e Michela. Mahamadou era sdraiato sotto al camion quando il mezzo era ripartito, senza che il guidatore si fosse accorto di lui. In un primissimo tempo si era parlato di uno sganciamento, ora invece si sa che il camion era stato messo in moto e si pensa a un tragico malinteso: sotto al semirimorchio, tra il secondo e il terzo asse, è stata ritrovata una lampada da meccanico. Il sospetto è che il 34enne avesse voluto riparare un guasto e che l’autista, del tutto ignaro della sua presenza, dopo aver fatto il pieno sia ripartito uccidendolo. Tra gli oggetti repertati dai carabinieri ci sono un paio di cuffie bluetooth: erano a circa due metri e mezzo dal punto dell’impatto. Forse la vittima stava ascoltando musica dal cellulare in quel momento e non si è accorto dell’accensione del motore. Il luogotenente Ignazio Palmas, all’epoca comandante della stazione carabinieri di Cuneo, ha riferito di non aver potuto svolgere accertamenti in merito: conferma però che gli auricolari erano nei pressi del distributore di carburante. In seguito all’infortunio mortale, lo Spresal aveva imposto all’azienda nuove procedure specifiche per scongiurare il rischio di una ripartenza improvvisa dei veicoli, oltre all’applicazione di transenne. Il prossimo 13 marzo l’istruttoria proseguirà con l’audizione di altri testimoni dell’accusa. La famiglia di Mahamadou non è mai stata rintracciata in Mali e non ha potuto perciò costituirsi nel giudizio: due anni fa era stata organizzata anche una raccolta fondi per il rimpatrio della salma.