BOVES - Muffa sulla frutta, il grossista sotto accusa si difende: “Non avrei venduto quella spazzatura”

Un’ispezione dei Nas a Boves aveva portato al sequestro in azienda. Il titolare deve rispondere anche di detenzione di prodotti in cattivo stato nella cella frigorifera

Immagine di repertorio

a.c. 22/02/2023 18:40

Davanti al giudice si è giustificato dicendo che quella merce era in attesa di essere portata al macero, prima che arrivassero i Nas in azienda: “Chiunque veda le foto, anche senza essere un esperto, può capire che non avrei mai pensato di mettere in vendita una tale spazzatura. Avevo grossisti in tutta Italia come clienti”.
 
A parlare è un imprenditore, P.M., ex titolare di un’attività di vendita di frutta all’ingrosso in frazione Rivoira di Boves. Nel suo capannone, durante un controllo effettuato nell’ottobre 2019, i carabinieri avevano trovato ventisette chili di frutta ammuffita. I militari del nucleo anti sofisticazione avevano quindi proceduto al sequestro di mirtilli e ribes in fase di lavorazione, ma anche di un quantitativo molto più ingente di frutta e verdura conservato nella cella frigorifera. “Molti di questi frutti, per la precisione mirtilli, erano invasi dalla muffa - ha riferito il luogotenente del Nas di Alessandria Marcello Cascio - eppure venivano selezionati per poi essere confezionati e commercializzati di nuovo. Quando siamo entrati abbiamo fermato una dipendente mentre stava operando quel tipo di lavorazione”.
 
Nella cella frigorifera, ha aggiunto il teste, “non c’era un’area dedicata ai prodotti non edibili o comunque da distruggere, come avviene di norma”. Non si trattava, peraltro, dell’unica irregolarità: “I locali in sé non erano nemmeno idonei, tanto che in seguito al controllo era stato disposto il sequestro. Anche la lavoratrice che si stava occupando della selezione non era in regola dal punto di vista contrattuale. In quel momento era l’unica presente in ditta, oltre alle due impiegate in ufficio e al titolare”. Una delle due impiegate ha reso la sua testimonianza nell’ultima udienza del processo contro il suo ex datore di lavoro, accusato di tentata frode in commercio e detenzione di prodotti in cattivo stato di conservazione. La dipendente ha detto di non ricordare se vi fosse una particolare procedura per il trattamento della merce guasta. Le poche volte in cui si era recata nelle celle frigorifere, però, aveva notato che “erano locali vecchi e c’era presenza di muffa”.
 
L’imputato ha precisato di aver dato disposizioni di mettere da parte nella cella frigorifera quella frutta, solo “perché, se fosse rimasta fuori, si sarebbe riempita di moscerini. Eravamo nel pieno della stagione delle castagne e non era stato possibile liberarsene subito”. L’imprenditore ha in seguito presentato dichiarazione di fallimento e ha ammesso l’errore: “In buona fede pensavo che fosse la procedura corretta, anche nelle aziende in cui sono stato ho sempre visto fare così. L’anno prima avevo ricevuto una visita degli ispettori dell’Arpa: avevamo discusso a lungo dello smaltimento, ma non mi avevano fatto nessun verbale”. A una lavoratrice assunta da poco sarebbe stato chiesto di mettere da parte un certo quantitativo di frutta ammuffita per effettuare un test con un prodotto fitosanitario, l’Endofit. Di queste prove aveva parlato il perito agronomo di fiducia del grossista, ricordando che non vennero effettuate perché sopraggiunse il controllo dei Nas. L’agronoma aveva comunque precisato che per quel genere di test sarebbe stata sufficiente una decina di chilogrammi di frutta, dunque un quantitativo molto inferiore a quello in lavorazione.
 
L’11 aprile prossimo verrà ascoltata l’ultima testimone di difesa, prima della conclusione dell’istruttoria.

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