BORGO SAN DALMAZZO - Nessun colpevole per l’incendio nei boschi di Madonna Bruna

Il proprietario di un terreno era stato individuato dai Forestali come presunto responsabile del vasto rogo nella borgata di Borgo San Dalmazzo

Redazione 22/03/2024 19:20

Non sono bastati gli elementi raccolti dalle testimonianze dei presenti a individuare un responsabile per il vasto incendio che nell’aprile 2022 divampò sulla collina di Borgo San Dalmazzo, nei pressi della borgata Madonna Bruna.
 
Le fiamme imperversarono per ore tra Tetto Trucco e Tetto Tabuna, arrivando a lambire il bosco dell’Impero e costringendo i pompieri a intervenire con canadair e autobotti: “C’era una pineta non molto distante, se non fossero riusciti ad arginarlo il fuoco sarebbe arrivato fino ad Andonno” ha ricordato un testimone. M.G., proprietario di uno dei terreni in zona, era stato rinviato a giudizio con l’accusa di incendio boschivo.
 
Contro di lui pesavano le parole, ripetute anche in aula, di una coppia di savonesi che accorsero per primi nella zona. I due, aiutati da un vicino, avevano iniziato a lavorare con rastrelli e soffiatore lungo il fronte dell’incendio, prima ancora che accorressero le squadre dell’Aib. Poi non era più stato possibile fare nulla: “Il fumo era talmente denso che anche le squadre hanno avuto bisogno delle maschere” ha ricordato l’uomo, volontario dell’antincendio boschivo. Erano stati loro a notare la presenza di un accendino e una confezione di diavolina su un ceppo, vicino a un cumulo di foglie fumanti. Entrambi gli oggetti erano scomparsi al loro ritorno, ma la diavolina - assicurano i due testimoni - era stata utilizzata.
 
La donna ha menzionato anche la presenza di un’altra persona da lei non identificata: “Una signora con i capelli bianchi, sui sessantacinque anni, con un paio di orecchini. Disse di essere un’amica di famiglia dei proprietari del terreno. Era molto dispiaciuta per il fatto che il proprietario non avesse dato ascolto a lei e alla moglie e avesse acceso il fuoco: le sue esatte parole furono ‘ce l’aveva già nella testa da diversi giorni’”. In quel periodo non vigeva ancora un divieto di abbruciamento, che sarebbe stato emanato solo alcuni giorni dopo. Segni di abbruciamento erano stati individuati dai Carabinieri Forestali sul terreno di M.G., sopraggiunto più tardi in compagnia di due donne.
 
La difesa ha rimarcato il fatto, evidenziando come nessuno avesse individuato l’imputato sul posto prima del pomeriggio, quando l’incendio era ormai esteso. Il pubblico ministero aveva chiesto una pronuncia di condanna a un anno e due mesi, rimarcando l’assenza di cautele che - visto anche il forte vento di quei giorni - avrebbero dovuto essere adottate. Il giudice ha infine assolto l’uomo per non aver commesso il fatto.

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