ARGENTERA - ‘Nessuna norma impedisce alla moglie di un sindaco di partecipare ad appalti’

Ultime battute nel processo all’ex primo cittadino di Argentera Arnaldo Giavelli e ai coimputati, accusati di turbativa d'asta, peculato, abuso d'ufficio e truffa allo Stato

a.c. 18/07/2019 13:25


Dopo la requisitoria del pm Alberto Braghin e l’arringa dell’avvocato Paolo Botasso, difensore dell’imputato principale, si è consumato ieri il penultimo atto del processo all’ex sindaco di Argentera Arnaldo Giavelli, imputato davanti al tribunale di Cuneo insieme alla moglie Elisa e al suocero Sergio Degioanni (titolari della Alpi costruzioni srl di Vinadio) e all’imprenditrice Fernanda Comba della Coedil di Moiola.

L’accusa contesta a vario titolo i reati di turbativa d’asta, peculato, abuso di ufficio, truffa aggravata e truffa ai danni dello Stato. I fatti risalgono al periodo tra il 2014 e il 2016 e riguardano in un caso il finanziamento, per circa un milione di euro, ottenuto dal comune nell’ambito del programma ‘Seimila campanili’, nell’altro il restauro conservativo del municipio di Argentera. A far emergere i presunti illeciti nel maggio 2016 erano state le indagini condotte sulla ditta Massano srl di Montanera, che aveva partecipato all’appalto ‘Seimila campanili’: un documento sequestrato nella sede dell’azienda avvalorerebbe l’ipotesi che Giavelli invitasse solo determinate imprese agli appalti, indicando le modalità di partecipazione e la percentuale di ribasso, in modo da favorire la ditta di famiglia. Elisa Degioanni, in particolare, avrebbe agito da ’ispiratrice occulta’ della turbativa d’asta sia facendo pressioni al segretario comunale Rodolfo Ettorre, responsabile delle gare di appalto, sia agendo da suggeritrice nei confronti di Massano. Avrebbe inoltre costituito, insieme al padre e alla Comba, un’associazione temporanea di imprese con lo scopo di aggirare i vincoli posti da Ettorre, che opponeva forti resistenze alla partecipazione di un’impresa riconducibile a Giavelli ai bandi di Argentera.

Accuse inconsistenti, replica l’avvocato Stefano Campanello che difende la Degioanni: “Siamo di fronte a un tema giuridico o al mal di pancia di un segretario comunale?” domanda il difensore, sostenendo che non esistessero ostacoli di sorta alla partecipazione della Alpi costruzioni alle gare, se non quelli posti da una personale e arbitraria interpretazione della legge Severino da poco entrata in vigore. Se l’impresa non avesse potuto partecipare singolarmente alle gare, obietta l’avvocato, non avrebbe potuto parteciparvi nemmeno come parte di una associazione temporanea. Respinti anche i sospetti riguardo all’accordo illecito con la Massano srl, che si fondano sul ritrovamento di un biglietto - asseritamente scritto dalla Degioanni - nella sede della ditta: “Il sospetto che ha indotto la Procura ad avvalersi di un grafologo è privo di qualunque riscontro fattuale: nulla rimandava alla mano di Elisa Degioanni o di qualcuno che fosse esterno all’impresa Massano”.

Il legale liquida infine le richieste di risarcimento presentate dal Comune di Argentera, oggi amministrato dalla deputata Monica Ciaburro, anche in considerazione dello stato di dissesto finanziario in cui il paese piombò pochi mesi dopo: “Stiamo discutendo di due appalti che non sono costati un soldo al Comune di Argentera, con lavori realizzati a regola d’arte e collaudati senza nessuna obiezione. Non si capisce quale sarebbe il danno patrimoniale patito dall’amministrazione”.

Si associa alla richiesta di assoluzione l’avvocato Paolo Adriano, difensore della Degioanni e di suo padre Sergio: “Non c’è alcuna norma anti corruzione che impedisca alla moglie di un sindaco di partecipare, con la società di cui è amministratrice, alle gare d’appalto indette dal comune che il marito amministra”. Per quanto riguarda Sergio Degioanni, poi, “nessuna ragione a parte il ‘legame familiare’, come sostenuto dal pm, autorizza a supporre che abbia partecipato alle condotte illecite che si contestano alla figlia”. Marginale anche la posizione di Fernanda Comba, anche in considerazione del fatto che non sarebbe affatto vero - sostiene la sua difesa - che la sua impresa abbia partecipato all’appalto solo per 'fare un favore' ai Degioanni e al sindaco Giavelli.

Per l’ex sindaco di Argentera il pubblico ministero ha chiesto la condanna a sei anni di reclusione, mentre per la moglie e il suocero la pena proposta è di un anno e sei mesi. Un verdetto di condanna è stato richiesto anche per la responsabile della Coedil. Il prossimo 16 ottobre arriverà la sentenza.

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