CUNEO - Nigeriana condannata a cinque anni per sfruttamento della prostituzione

Contestati anche il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e la violazione della legge sull'aborto. I fatti si sono svolti nel cosiddetto 'condominio dell'amore' di via Basse San Sebastiano nell'agosto 2016

Il cosiddetto 'condominio dell'amore' in via Basse San Sebastiano

05/10/2018 12:32

Una donna nigeriana, Sharon Akporido, è stata condannata a cinque anni di carcere per una serie di reati consumatisi nella città di Cuneo, tra via Roma e via Basse San Sebastiano, nell'agosto del 2016. 
 
I fatti erano già saliti alla ribalta nelle cronache nel momento quando venne arrestata Nancy Itama, una trentenne nigeriana, per sfruttamento della prostituzione. Era stato il primo caso in cui delle nigeriane avevano trovato spazio in appartamento nella città per l'esercizio del meretricio. Il caso aveva suscitato particolare indignazione nell'opinione pubblica perché in questo contesto una peripatetica nigeriana di vent'anni era stata costretta ad abortire tramite l'assunzione forzata di un farmaco per il mal di stomaco che, se preso in dosi massicce provoca l'interruzione di gravidanza. 
 
Per la Akporido i capi di imputazione rilevati dal p.m. Giulia Colangeli vanno dallo sfruttamento della prostituzione alla violazione della legge sull'aborto, fino allo sfruttamento dell'immigrazione clandestina. Così come la Itama, anche la Akporido era coinvolta nel lenocinio e inoltre era stata riconosciuta dalla vittima come colei che materialmente sommnistrava il farmaco abortivo. 
 
I fatti si sono svolti presso il cosiddetto 'Condominio dell'amore' in via Basse San Sebastiano, noto ai cuneesi per essere un vero e proprio lupanare. 
La legge italiana non impedisce il libero esercizio della prostituzione, che attualmente, pare venga svolta liberamente e consapevolmente all'interno dell'edificio. L'ordinamento punisce però lo sfruttamento, che in questo caso è stato ravvisato dalla divisione della Squadra Mobile coordinata dall'ispettore capo Mariella Faraco.

"Questa condanna conclude una lunga attività d'indagine - ha commentato il capo della Squadra Mobile, Marco Mastrangelo - nella quale la Polizia ha dimostrato di avere ben operato".  
 

c.s.

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