BUSCA - No vax buschese assolto per i commenti online contro Brunetta: “Fu uno sfogo educato”

Il giudice ha valutato anche la particolare situazione in cui si trovava l’imputato, impossibilitato a visitare la madre malata terminale

Andrea Cascioli 11/10/2023 17:30

“Hater” forse, ma diffamatore no: lo ha stabilito il giudice cuneese Alberto Boetti nella sentenza con la quale è stato assolto un operaio residente a Busca, S.C., accusato di diffamazione e minaccia aggravata nientemeno che dall’allora ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta.
 
La querela, presentata dall’ufficio di palazzo Chigi nell’agosto 2021, si riferiva a un commento che l’uomo aveva lasciato col suo profilo Instagram sotto a un post di Brunetta, nel quale si esprimeva “solidarietà alle vittime degli attacchi dei no vax”. “Prima o poi lo andiamo a prendere a casa e allora finirà la pandemenza” è la frase incriminata: S.C. si è trovato denunciato insieme a numerosi altri commentatori, alcuni dei quali autori di risposte ingiuriose e truculente, oltre alle solite ironie sulla statura fisica del politico.
 
Nel caso di specie, il giudice ha osservato che l’utente social non aveva invece travalicato i limiti del diritto di critica: “Mentre alcune persone hanno a loro volta attaccato il Ministro sul piano personale con insulti meschini, l’imputato ha tenuto una condotta che non può assolutamente essere confusa con quelle di tali soggetti”. La stessa intenzione di “andare a prendere a casa” un ministro, se manifestata “da un innocuo cittadino”, non può che riferirsi “ad una generica azione di protesta, normale in Democrazia”. Ben diverse sarebbero state le conclusioni se la stessa frase fosse stata pronunciata “da un mafioso o un noto bullo da stadio”, osserva ancora il magistrato. Allo stesso modo il ricorso all’espressione “pandemenza” appare “mera espressione di ironia su un fenomeno sociale di cui si parlerà ancora per decenni”: “Affermare che l’utilizzo di una simile parola equivalga a dare del ‘demente’ alla persona offesa significa saltare a conclusioni illogiche”.
 
Quello del buschese fu insomma “uno sfogo educato che non pare travalicare una legittima manifestazione del suo diritto di critica, garantito dalla Costituzione italiana”. Nel pervenire a queste conclusioni, il giudice ha valutato anche la situazione soggettiva in cui si trovava l’imputato: l’uomo attraversava un periodo molto complicato perché gli era impedito di vedere la madre, malata terminale di tumore e ricoverata. La donna sarebbe deceduta solo due mesi più tardi.
 
Rileva infine il dibattito infuocato originato “da una serie di provvedimenti che hanno inciso in modo pesante sui diritti di libertà dei cittadini, suscitando in molti gruppi di opinione notevoli perplessità sulla loro efficacia e, comunque, sulla loro proporzionalità rispetto all’obiettivo sbandierato della tutela della salute pubblica”. Lo stesso Brunetta, da ministro, aveva fatto affermazioni che mettevano in dubbio la salute mentale dei “soggetti contrari ad un obbligo indiscriminato di vaccinazione”: una circostanza, anche questa, che induce il giudice a parlare di “comprensibile indignazione”.

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