VERNANTE - Omicidio Myrtaj, una vendetta dall’Albania il movente del delitto?

Si indaga sul passato del 34enne ucciso a Vernante: la Procura arruola un superconsulente. “La pista passionale non è mai esistita” sostiene il legale della fidanzata

Andrea Cascioli 08/11/2023 08:01

C’è un superconsulente al lavoro sul caso di Klaudio Myrtaj, il 34enne albanese freddato con un colpo di pistola nella falegnameria in cui lavorava a Vernante. La notizia filtra dagli investigatori, mentre ieri mattina - martedì 7 novembre - è stata eseguita l’autopsia sul corpo dell’operaio. Gli esiti potrebbero arrivare già in settimana.
 
Quel che nelle prime ore qualcuno aveva derubricato a una banale faccenda di gelosia si sta invece rivelando un giallo molto intricato. Difficile immaginare una sceneggiatura da thriller con il borgo dei murales di Pinocchio sullo sfondo: un paese di un migliaio di anime abbarbicato sulle montagne, dove tutti conoscono tutti e tutti, infatti, avevano almeno scambiato un saluto con quel nuovo arrivato, un ragazzone che si dava da fare sui cantieri con il cugino e nella bottega del restauratore dietro il municipio. Mentre lavorava era solito indossare un paio di cuffie e ascoltare musica: potrebbe non aver sentito chi gli si è avvicinato poco prima delle 17 di sabato e ha premuto il grilletto. Non è stata un’esecuzione perfetta, notano in Procura. Ma di certo non basta questo per ipotizzare che l’assassino abbia agito d’istinto, presentandosi armato di pistola per regolare i conti dopo qualche parola di troppo o una scazzottata.
 
Ne è convinto Alessandro Parola, avvocato - oltre che amico personale - della donna con cui Myrtaj aveva intrecciato una relazione da qualche mese. Si tratta di un’italiana di Limone Piemonte, di professione barista. Dopo il delitto sono circolate molte voci sul loro rapporto e ora lei, tramite il suo legale, vuole sgombrare il campo dagli equivoci: “Klaudio, che io stesso ho conosciuto, era molto possessivo. Ed è vero anche che era stato coinvolto in una rissa. Questo episodio però non ha niente a che fare con la fidanzata”. Può darsi che Myrtaj non avesse gradito qualche innocua confidenza che un habitué del suo bar poteva azzardare con lei, e può darsi pure che quel fidanzato geloso non piacesse a qualcuno di loro.
 
Ma è impensabile, sostiene l’avvocato Parola, che l’autore di un omicidio del genere si nasconda nella cerchia delle amicizie della fidanzata, o tra le persone con cui lei aveva avuto legami sentimentali in passato. La “pista passionale” non è mai stata davvero presa in considerazione, insomma. Lo dimostra anche il fatto che i carabinieri, dopo aver sequestrato i cellulari ed effettuato una perquisizione di rito, non abbiano ritenuto necessario prendere le impronte digitali della donna. Il sabato dell’omicidio lei ha terminato il suo turno al bar alle ore 14, poi ha fatto un favore al titolare portando a spasso il suo cane, lungo la via romana verso Limonetto. Quando l’ha raggiunta la notizia che Klaudio era stato ricoverato in ospedale a Cuneo, in gravi condizioni, ha subito pensato all’ipotesi più ovvia, un incidente sul lavoro. Avrebbe fatto in tempo a tenergli la mano un’ultima volta, prima che lui spirasse.
 
Se ad offrire spunti d’investigazione non è il presente di Myrtaj, in Italia da tredici mesi appena, è più probabile che il cuore di tenebra di questa vicenda si trovi nel passato del 34enne di Valona. Potrebbe non essere stata solo la perdita del lavoro, in un call center di Tirana, ad indurlo a espatriare, in Spagna per pochi mesi e poi a Caraglio, nell’azienda edile del cugino Florian. Anche le ragioni del suo trasferimento repentino in val Vermenagna sono poco chiare: certo, risiedendo a Vernante era più vicino ai cantieri che la ditta stava mandando avanti a Limone. Ma perché allontanarsi dalla famiglia? In paese c’è chi mormora che il cambio d’indirizzo possa avere a che fare con la necessità di evitare certe brutte compagnie in cui era incappato, nei primi mesi in provincia. Forse la vendetta mortale è nata a questo punto della storia. O forse c’è da riavvolgere il nastro ancora più indietro e riportare la vicenda al di là del mare, in Albania appunto, da dove il killer potrebbe aver inseguito l’emigrante, per saldare un conto che nemmeno la distanza bastava a far dimenticare. Tutte congetture, ci mancherebbe. Come lo è il fatto che qualcuno sia pronto a giurare di aver visto strani forestieri parcheggiare auto di grossa cilindrata e aggirarsi per le stradine di Vernante, sabato pomeriggio.
 
La sola certezza è che per arrivare fin lì, e per dileguarsi subito dopo, l’assassino o gli assassini dovrebbero essere passati per la Statale 20. Se qualche telecamera li ha ripresi nel tragitto, anche supponendo che dal paese siano entrati e usciti come ombre, gli inquirenti avranno almeno un elemento su cui appoggiarsi. Nel frattempo ci si interroga su particolari che appaiono insoliti, visti col senno di poi. La fissazione di Myrtaj per la privacy, ad esempio. Su Facebook la vittima aveva un profilo sotto pseudonimo e pubblicava pochissime informazioni personali. Anche con gli amici e la fidanzata, però, insisteva perché non venissero postati immagini o riferimenti che l’avrebbero potuto rendere localizzabile. Il suo tragico destino getta ora una luce nuova e sinistra su questa e altre abitudini cui nessuno aveva dato troppo peso. Finora, almeno.

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