BOVES - Omicidio Nada Cella, la scoperta: “La sera del delitto una donna chiamò per farsi assumere”

Nuova rivelazione del datore di lavoro della vittima. Una sua amica avrebbe saputo che una persona era disponibile a “rimpiazzare” la segretaria assassinata

in foto: un'immagine recente di Marco Soracco

Andrea Cascioli 27/11/2021 20:33

È un giallo che ruota sempre di più attorno alle telefonate quello che riguarda l’omicidio di Nada Cella, la segretaria 24enne uccisa il 6 maggio 1996 nello studio del commercialista per cui lavorava a Chiavari.
 
La telefonata più nota è quella fatta il 9 agosto dello stesso anno da una donna di una certa età che si qualifica soltanto come “una signorina”. Alla madre di Marco Soracco, il datore di lavoro della Cella, l’anonima interlocutrice rivela di aver incrociato la mattina del delitto una ragazza che conosceva, proprio sotto lo studio di via Marsala in cui era stata trovata agonizzante la 24enne. “L’ho vista che era sporca. Ha infilato tutto nel motorino, io l’ho salutata e non mi ha guardata” racconta la presunta testimone, precisando che quel giorno non era l’unica ad averla notata: “Eravamo in cinque”.
 
Per gli inquirenti che a venticinque anni di distanza hanno riaperto il caso irrisolto quella ragazza in motorino avrebbe un nome e un cognome: Annalucia Cecere, 53 anni, oggi residente a Mellana di Boves con la sua famiglia. All’epoca la Cecere di anni ne aveva ventotto, pochi di più di Nada. È certo che conoscesse Marco Soracco, col quale - secondo i sospetti - avrebbe voluto intraprendere una relazione. Lei si lasciava alle spalle proprio in quel periodo un passato difficile: abbandonata dalla famiglia di origini casertane e cresciuta dalle suore in Liguria, aveva avuto un figlio con un uomo molto più anziano e aveva poi lasciato sia lui che il bambino.
 
Anche la tranquilla Nada, allevata da una famiglia amorevole e descritta da tutti come una ragazza senza grilli per la testa, sembrava insoddisfatta della propria vita. Già tre anni prima della sua morte aveva annotato parole sconfortate sul diario: “Stasera è il 3 gennaio 1993 e domani devo andare a lavorare e mi sento di m… . Non ne ho voglia detesto quel posto di lavoro, odio quel cretino che devo sopportare tutto il giorno. Vorrei tanto licenziarmi e potermene andare e invece chissà per quanto tempo mi toccherà restare!!! Non so più dove sbattere la testa, sono così sola”. Sia alle amiche che ai compagni della scuola di lingue che frequentava aveva raccontato di voler trovare un nuovo impiego: al cognato che viveva a Milano aveva chiesto di consegnare il suo curriculum presso un’azienda del posto.
 
Da parte della giovane segretaria non c’era alcun interesse sentimentale nei confronti del suo principale, più vecchio di dieci anni. Con le amiche Nada lo avrebbe descritto anzi come “unto e sporco”, “una persona viscida e poco generosa”. Dopo che in un’occasione lei aveva declinato un invito a cena, Soracco sarebbe diventato più scostante nei suoi confronti. Ai microfoni della trasmissione di Rete 4 Quarto Grado, il commercialista ha rivelato ora qualcosa che in precedenza non era emerso e che potrebbe riempire un altro tassello fondamentale. Proprio la sera del delitto, una sua amica sarebbe stata contattata da una donna che si offriva di prendere il posto della segretaria assassinata: “La mia amica ha ricevuto la telefonata la sera del 6 maggio, chiedeva se poteva dirmi che era disponibile per essere assunta. La mia amica le ha buttato giù il telefono, poi me l’ha detto qualche giorno dopo e ha detto: ‘È scema’”.
 
Anche oggi Soracco ripete che quella con la Cecere era una conoscenza superficiale, eppure ammette che la 28enne si sarebbe confidata con lui perfino riguardo ai suoi rapporti con il fidanzato dell’epoca. C’è poi un’altra telefonata ancora in questo mistero, quella che a fine maggio il commercialista - già intercettato - aveva ricevuto da una cabina telefonica vicina all’abitazione della Cecere: “Sono Anna, io non sono innamorata di te. Anzi, mi fai proprio schifo”. Era Annalucia a pronunciare queste parole? E perché rivolgerle a Soracco se, come lui sostiene, si conoscevano appena?
 
Il nome della Cecere entra per la prima volta nelle indagini sette giorni dopo il delitto, quando una sua vicina di casa si presenta ai carabinieri raccontando che Annalucia aveva mire matrimoniali verso Soracco e nutriva astio per Nada. I carabinieri chiedono e ottengono un mandato di perquisizione per l’abitazione della Cecere, dove trovano uno schedario contenente articoli sulla morte di Nada e cinque bottoni simili - ma non identici: sono infatti più grandi di un centimetro - a quello con la scritta “Great Seal of the State of Oklahoma” rinvenuto accanto al corpo della 24enne. La notizia però non arriva alla polizia che sta conducendo le indagini e così nessuno noterà che Annalucia è la stessa persona che l’anonima “signorina”, autrice della telefonata a Soracco, ha detto di aver visto uscire dallo studio il giorno del delitto.
 
La Cecere esce dall’inchiesta solo nove giorni più tardi, il 4 giugno. Cinque mesi dopo si trasferisce in Piemonte lasciandosi definitivamente alle spalle l’ex compagno e il figlio di cinque anni. Agli inquirenti dirà - e lo ha ribadito ora che è ufficialmente indagata per l’omicidio - di essere stata a lavorare presso un dentista di Chiavari quel giorno, come tutti i lunedì. Un alibi ormai difficile da verificare a un quarto di secolo di distanza. Sotto accusa, per l’ipotesi di falsa testimonianza, sono anche Soracco e sua madre, l’89enne Marisa Bacchioni. Silvana Smaniotto, la mamma di Nada, dice di non aver mai ricevuto parole di conforto dal datore di lavoro di sua figlia e indirizza a lui e alla madre lo stesso appello rivolto alla “signorina” della telefonata: “Vorrei dire anche a loro come agli altri abitanti di Chiavari che facciano uno sforzo, per dire tutto quello che possono sapere e possono aver visto”.

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