BOVES - Omicidio Nada Cella, nelle parole di un frate e di una vicina altre rivelazioni sulla Cecere

Tornano a galla le confidenze che la madre di Soracco fece a un religioso e alla “signorina” delle telefonate: ma perché nessuno di loro parlò agli investigatori?

Andrea Cascioli 07/01/2024 11:50

Si è parlato per anni del ruolo che alcuni religiosi di Chiavari potrebbero aver giocato nel giallo di via Marsala. Un mistero nel mistero, quelle fantomatiche confidenze sull’omicidio della segretaria 24enne Nada Cella che è ancora senza un colpevole, dopo quasi ventotto anni.
 
Le nuove indagini, aperte nel 2021 dalla Procura di Genova e concluse con l’incriminazione di Annalucia Cecere, bovesana d’adozione, hanno permesso di appurare che le confidenze esistono davvero. Le fece Marisa Bacchioni, la madre del datore di lavoro di Nada, a uno dei frati del convento dei cappuccini di Chiavari. Il religioso, frate Lorenzo, le ascoltò fuori dal vincolo della confessione e potrà perciò essere chiamato a testimoniare, qualora la Cecere venisse rinviata a giudizio come chiede il pm Gabriella Dotto. Nei mesi successivi al delitto del 6 maggio 1996, quando Marco Soracco era l’unico indiziato, la Bacchioni disse al cappuccino che suo figlio era innocente e che a uccidere era stata una donna invaghitasi di lui. Una donna definita “poco seria”, di cui tuttavia né la madre né il figlio avevano mai parlato agli inquirenti.
 
Ma non è tutto. Della stessa donna la Bacchioni parlò nella famosa telefonata con la “signorina”, la testimone anonima che per tre mesi chiamò il numero di casa Soracco e altri ancora - tra cui, a suo dire, quelli della curia - per raccontare quanto che aveva visto. Una ragazza di sua conoscenza, una certa Anna, che la mattina dell’omicidio aveva avvistato in via Marsala “sporca” e con un’espressione sconvolta, nell’atto di infilare qualcosa nel vano del suo motorino parcheggiato. Si era ipotizzato che la “signorina” potesse essere una suora, visto che la Cecere - all’epoca 28enne - era cresciuta in un istituto religioso: le suore avrebbero continuato ad aiutarla economicamente fino al suo trasferimento nella Granda e forse perfino dopo. L’ipotesi sembra essere smentita, quel che invece è emerso è che la Bacchioni non si limitò ad ascoltare le parole della sua interlocutrice, ma in qualche modo le confermò. Disse che la persona di cui le parlava aveva un atteggiamento persecutorio nei confronti del figlio, tanto che lei stessa aveva dovuto chiedere a Nada di non passare più le sue chiamate in ufficio.
 
Intervistata dagli inviati di Quarto Grado, la Bacchioni dice di aver riconosciuto la sua voce ma di non ricordare più i contenuti della telefonata. Di certo c’è che non ne fece menzione a chi indagava e che perfino suo figlio, consegnando la registrazione della chiamata alla polizia, si premurò di dichiarare che la considerava “non attendibile”. Soracco ha parlato solo nel 2021 di un’altra telefonata, ricevuta da una sua amica la sera stessa del delitto, dove una donna si offriva per l’assunzione al posto della segretaria appena assassinata: “La mia amica le ha buttato giù il telefono, poi me l’ha detto qualche giorno dopo e ha detto: ‘È scema’”. Anche oggi il commercialista sessantenne ripete che quella con la Cecere era una conoscenza superficiale, eppure ammette che la ragazza si sarebbe confidata con lui perfino riguardo ai suoi rapporti con il fidanzato dell’epoca. C’è poi un’altra telefonata ancora in questo mistero, quella che a fine maggio Soracco - già intercettato - aveva ricevuto da una cabina telefonica vicina all’abitazione della Cecere: “Sono Anna, io non sono innamorata di te. Anzi, mi fai proprio schifo”. Una precisazione di cui non si comprende il senso, se è vero, come entrambi sostengono tuttora, che tra loro non c’era mai stato nulla.
 
Soprattutto non si comprende perché i Soracco non abbiano mai parlato dei loro sospetti in Procura, nemmeno nel periodo in cui lui sembrava a un passo dal finire a processo per omicidio. Chi ha tirato i fili della nuova inchiesta sostiene che i due non siano stati disattenti, ma reticenti: nel muovere accuse di favoreggiamento e false dichiarazioni a entrambi, si ipotizza addirittura che Soracco abbia visto l’assassina fuggire dal palazzo e taciuto. Perché? Per evitare uno scandalo, forse qualcosa che avrebbe potuto travolgerlo sul piano professionale, qualcosa che Nada doveva a sua volta conoscere. A rafforzare i sospetti è una frase intercettata in questura due anni fa, detta dalla madre al figlio: “Guarda un po’ quanto danno ci ha fatto quella donna lì”. Dunque, affermano gli inquirenti, di “quella donna” si ricordavano bene.
 
Si è scoperto inoltre che la defunta zia di Soracco, Fausta Bacchioni, raccolse in un memoriale alcune testimonianze dei condomini. Il manoscritto è intitolato “Storia di un delitto quasi perfetto” e riporta tra l’altro le parole di una vicina, che a lei e a sua sorella raccontò di aver visto una persona allontanarsi in motorino il giorno dell’omicidio, dopo aver sceso le scale di corsa. Fausta Bacchioni le aveva chiesto perché non si fosse affacciata dopo aver sentito i passi, la risposta: “Già, così se per caso avesse guardato in su, mentre saliva sul motorino, e mi avesse vista, poi se la sarebbe presa con me”.
 
Anche tra i vicini di casa della Cecere, che abitava a pochi passi dal condominio di via Marsala 14, c’è chi ha fatto rivelazioni importantissime. Una signora avrebbe detto di aver saputo dalla 28enne che dal commercialista era andata per cercare lavoro, ma la segretaria - ovvero Nada - l’aveva liquidata con “aria di superiorità” e “con un’occhiataccia”. La teste avrebbe aggiunto di averla vista uscire presto, quella mattina: “Di solito Annalucia usciva tardi il mattino. Quel giorno, invece, se n’è andata alle 7,30 in motorino e nei giorni successivi ha steso molti indumenti, tra i quali un giubbotto, un paio di jeans, delle scarpe e stracci”.

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