BOVES - Omicidio Nada Cella, perché non si indagò subito sulla Cecere? Il pm dovrà rispondere

Il procuratore Filippo Gebbia aveva coordinato le indagini prima dell’archivazione. Ora verrà sentito dagli attuali inquirenti, in attesa dei riscontri sul Dna

a.c. 01/02/2022 13:00

Dopo 26 anni verrà sentito come teste il pubblico ministero Filippo Gebbia che indagò sull’omicidio di Nada Cella, la segretaria massacrata nel maggio 1996 a Chiavari nello studio del commercialista Marco Soracco, dove lavorava.
 
Gebbia aveva coordinato sia la polizia sia i carabinieri, che avevano compiuto i loro accertamenti in parallelo, ma aveva poi archiviato tutto. A lui gli attuali inquirenti chiederanno come mai vennero sottovalutati alcuni aspetti che oggi invece sono stati riaffrontati grazie all’intuito della criminologa Antonella Delfino Pesce e dell’avvocato della famiglia Sabrina Franzone, artefici della riapertura del caso. A darne notizia è l’Ansa Liguria, con un lancio di agenzia.
 
Nelle carte dell’epoca, oltre al nome di Soracco era stato iscritto quello di Annalucia Cecere, ex insegnante oggi residente a Mellana di Boves e di nuovo indagata per il delitto. La donna era stata subito scagionata nonostante i carabinieri avessero trovato alcuni bottoni simili a quello trovato sotto il corpo della segretaria. Per Antonella Delfino Pesce, anzi, si tratterebbe di bottoni identici: unica differenza - ha spiegato nell’intervista concessa la scorsa settimana a Cuneodice - è che quello rinvenuto nello studio di Soracco era privo di una ghiara in plastica.
 
Sentire così Gebbia potrebbe essere fondamentale. Gli inquirenti avevano già ascoltato negli scorsi mesi dirigenti di polizia e carabinieri allora impegnati nell’inchiesta. Oltre ai bottoni c’erano state le testimonianze di una mendicante, oggi deceduta, che insieme al figlio aveva detto di avere visto una ragazza a poca distanza da via Marsala 14, il luogo del delitto, con la mano sporca di sangue e un fare agitato. Fornì pure un identikit: quando però i carabinieri le sottoposero diverse fotografie, non riconobbe la Cecere.
 
Infine, le tracce di sangue sullo scooter. I carabinieri avevano chiesto e ottenuto l’autorizzazione ai sequestri e avevano in mano dichiarazioni di vari testimoni sul motorino della Cecere, tra cui quelle della misteriosa “signorina” che telefonò a diverse persone coinvolte nelle indagini tra maggio e agosto del 1996. Nessuno, tuttavia, pensò ad analizzare il veicolo. Cosa avvenuta solo nell’inchiesta attuale, dopo il sequestro del mezzo che la sospettata conservava nel suo garage di Boves.
 
Se questi sono i fatti, ci sono poi le voci di presunti depistaggi: emerge che la donna all’epoca 28enne, prima del giorno della perquisizione in casa sua, si cercò un avvocato. Qualcuno l’aveva informata? Intanto sono previsti per fine febbraio i risultati dei vari test del Dna sui reperti recuperati nello studio di Soracco, affidati al genetista Emiliano Giardina.

Notizie interessanti:

Vedi altro