CUNEO - Processo sulle revisioni ‘facili’, dai difensori attacchi a Polstrada: ‘Indagini condotte con incompetenza’

Un ex funzionario della Motorizzazione è accusato di aver ‘aggiustato’ l’esito di vari collaudi insieme a tre titolari di agenzie di pratiche auto di Borgo, Cuneo e Rossana

a.c. 18/06/2019 14:46


Battute finali nel processo a carico di un ex funzionario della Motorizzazione Civile di Cuneo e di tre titolari di agenzie di pratiche auto, accusati di aver ‘aggiustato’ i collaudi di decine di veicoli in provincia o addirittura di averne falsificato gli esiti per permettere a camion e furgoni di circolare in strada.

Le accuse di falso ideologico e corruzione prendono le mosse dall’inchiesta condotta in seguito a una segnalazione anonima dalla Polizia Stradale di Saluzzo, con verifiche e intercettazioni effettuate tra maggio e ottobre del 2012. Al termine delle indagini il funzionario dell’ente, V.T., venne arrestato. Insieme a lui furono rinviati a giudizio C.D., E.D. e L.C., tutti e tre titolari di agenzie di pratiche auto rispettivamente a Borgo San Dalmazzo, Cuneo e Rossana.

Gli episodi di corruzione impropria finiti sotto la lente della Procura sono di entità minima ma ripetuti nel tempo: per certificare i falsi collaudi di camion e furgoni senza nemmeno guardarli, V.T. si sarebbe accontentato di una riparazione gratuita dell’auto, un cambio di pastiglie dei freni, un pieno di benzina, oppure un pranzo offerto al ristorante e una bottiglia di vino. Per questo il pm Alberto Braghin nella scorsa udienza ha chiesto per lui la condanna a tre anni e tre mesi, mentre per C.D. l’accusa ha proposto una pena di un anno e sei mesi e per E.D. e L.C. otto mesi di reclusione. Il processo, annullato nel 2016 per la sostituzione di un giudice nel collegio e ripartito da zero, è prossimo alla conclusione dopo le arringhe degli avvocati ascoltate in aula questa mattina. I difensori hanno contestato duramente non solo l’impianto accusatorio ma soprattutto il modo in cui la Polizia Stradale di Saluzzo, al comando dell’ispettore Luca Blengino, ha condotto le indagini.

Per l’avvocato Gian Maria Dalmasso, difensore di C.D., “queste risultanze sono basate su presupposti di fantasia e interpretazioni certe volte incompetenti, fondate su elementi del tutto equivoci”. Secondo il legale, accertamenti erronei e superficiali da parte della Polstrada emergerebbero dalla confusione tra revisioni e collaudi: la revisione implica passaggi lunghi come la verifica del funzionamento di fumi, impianto frenante e gomme, mentre il collaudo effettuato su veicoli nuovi omologati dalla casa costruttrice è molto più rapido. In altre parole, il fatto che il funzionario della Motorizzazione riuscisse a effettuare i collaudi in tempi brevi, come contestato dalla Procura, sarebbe tutt’altro che una prova della collusione tra controllore e controllati.

Allo stesso modo, la prassi di effettuare le verifiche nelle ditte anziché in Motorizzazione sarebbe pratica comune (il cosiddetto ‘giro fabbrica’) nei confronti delle aziende che hanno numerosi veicoli da collaudare. “Gli accertamenti erronei della Polstrada - incalza Dalmasso - sono anche più gravi: si confondono numeri di targa e numeri di telai, mezzi di una ditta con mezzi di altre ditte, addebitando agli imputati comportamenti relativi a mezzi che non hanno niente a che vedere gli uni con gli altri”. Gli fa eco l’avvocato Nicola Dottore che assiste E.D., amministratore delegato di un’agenzia di Cuneo: “La polizia che si è occupata delle indagini è stata non soltanto superficiale, ma ha voluto a tutti i costi trovare qualcosa di irregolare. Determinati episodi descritti non sono mai avvenuti e lo hanno confermato i testimoni”. Di “fatti gravissimi che danno una pessima connotazione a questa indagine” parla anche Pierfranco Peano, che rappresenta l’ex dirigente della Motorizzazione indagato: “Se è vero che c’era un andirivieni nel suo ufficio è perché faceva bene il suo mestiere, e infatti metà delle imputazioni sono cadute in udienza preliminare”.

Al centro delle argomentazioni difensive, in particolare, la lieve entità dei presunti scambi corruttivi: davvero è credibile, si domandano gli avvocati, che il funzionario accettasse di correre certi rischi in cambio di una bottiglia di vino o di un pranzo di lavoro pagato? La risposta dei giudici arriverà il prossimo 9 luglio, data in cui è fissata la sentenza del collegio presieduto da Massimo Scarabello.

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