LIMONE PIEMONTE - Processo Tenda bis, è il turno delle difese: “Ferro rubato? No, erano scarti”

Il procedimento cuneese arriverà alla sentenza di primo grado entro l’anno, ma incombe la scure della prescrizione

Andrea Cascioli 28/05/2021 19:55

 
È il turno delle difese nel processo sul cantiere del Tenda bis. Il direttore tecnico Antonino Froncillo, i due capocantiere Giuseppe Apone e Antonio Palazzo e gli operai Nunziante De Rosa e Luigi Mansueto sono chiamati a rispondere a vario titolo di furto, frode nelle pubbliche forniture, gestione di rifiuti non autorizzata, falso ideologico, truffa e attentato alla sicurezza nei trasporti.
 
La vicenda giudiziaria parte dal sequestro del cantiere di Limonetto a maggio del 2017. Sono occorsi quattro anni di indagini, un cambio di giudice e uno sdoppiamento del procedimento (per i reati più gravi si procederà a Torino) per arrivare finalmente al dibattimento. Su entrambi i processi, quello cuneese e quello torinese, incombe la scure della prescrizione: nel capoluogo della Granda si arriverà comunque alla sentenza di primo grado entro l’ottobre di quest’anno.
 
Le indagini erano state avviate già a fine 2016 in seguito a strane voci giunte alle orecchie delle fiamme gialle: diverse fonti riferivano che qualcuno nel cantiere rivendeva il gasolio e i materiali da costruzione ricevuti. Da lì erano partiti i posti di blocco lungo la strada della val Vermenagna e la mappatura dei camion che effettuavano la raccolta di materiali ferrosi. Secondo gli inquirenti parte delle centine di ferro che si sarebbero dovute collocare in galleria, insieme a piedritti, tondini e altre componenti, venivano depredate da alcuni addetti del cantiere per essere poi rivendute. In termini quantitativi, si è calcolato che tra gennaio 2014 e maggio 2017 siano state sottratte almeno 212 tonnellate di ferro: le centine, pagate 850 euro alla tonnellata dal cantiere, erano rivendute in nero a prezzi irrisori. Il guadagno dell’operazione è stato stimato in oltre 23mila euro per i carichi tracciati, ma si ritiene che possa essere in realtà superiore ai 100mila.
 
Dopo aver ascoltato la ricostruzione degli eventi che portarono all’operazione della Guardia di Finanza e i testi delle parti civili, tra cui il sindaco di Limone Piemonte, il giudice ha visto avvicendarsi sul banco i testimoni chiamati dalla difesa dell’ingegner Froncillo. La tesi difensiva è che gli ammanchi registrati dai finanzieri corrispondano in realtà a semplici scarti di lavorazione: il responsabile acquisti della Grandi Lavori Fincosit, l’azienda che aveva vinto l’appalto per il raddoppio del tunnel, ha ricordato che - sebbene il contratto nazionale per lo smaltimento dei rifiuti ferrosi fosse stato firmato solo a fine 2016 - i responsabili dei circa venti cantieri che l’impresa gestiva a quel tempo erano stati sensibilizzati sul tema. Dalla sede centrale di Roma Fincosit si sarebbe occupata di verificare gli acquisti tramite un ufficio apposito. Si metteva in conto però che una parte dei materiali sarebbe stata scartata: “La tipologia dei lavori di galleria è particolare. - ha precisato il teste - Il conto economico tra ricavi e costi si può effettuare solo alla fine, a differenza dei lavori a misura in cui si vede quasi giorno per giorno”.
 
Sullo smaltimento dei presunti scarti si è espresso anche il responsabile del servizio di prevenzione e protezione del cantiere, l’ingegner Valter Borgogno, che insieme ai dipendenti del suo studio aveva anche il compito di tenere il registro di carico e scarico dei rifiuti: “Trascrivevamo i dati dei documenti che venivano forniti, anche perché la nostra presenza sul cantiere non era continuativa”.
 
Il prossimo 25 giugno verranno ascoltati i restanti testi delle difese. A ottobre la discussione finale.

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