CUNEO - Puntò una telecamera contro la cucina del vicino: il giudice lo assolve

Protagonista della vicenda un 61enne di Passatore. Per la difesa, il querelante avrebbe dovuto apporre delle tende alle finestre se voleva tutelare la propria privacy

a.c. 06/04/2021 18:00

 
Il reato ipotizzato era quello di interferenze illecite nella vita privata. Nello specifico, quello che un residente nella frazione cuneese di Passatore era accusato di aver commesso ai danni del suo vicino, installando nel suo cortile una piccola telecamera che puntava diritta verso la cucina dell’abitazione adiacente.
 
Il vicino, già autore di molteplici querele contro la stessa persona, non ci aveva pensato due volte a denunciare B.B., oggi 61enne, per i fatti risalenti al febbraio 2019. Nello stesso mese aveva avuto origine la vicenda che avrebbe portato B.B. a processo anche per lesioni aggravate e danneggiamento: in quell’occasione, il vicino lo accusava di avergli scagliato contro un mattone mentre si trovava alla guida del suo trattore spazzaneve. In quel procedimento l’imputato è stato poi assolto dal giudice di primo grado per non aver commesso il fatto.
 
Riguardo all’installazione della telecamera, la parte offesa ha dichiarato in aula: “Non mi ero nemmeno accorto che ci fosse, lo vedevo fare filmati con il cellulare dalla finestra. È stato lui a farmi un cenno dal terrazzo indicando la telecamera”. Il teste ha aggiunto che B.B. avrebbe spiegato di aver agito così per “controllare tutte le marminelle” (piemontesismo per ‘dispetti’, ndr) che a suo dire l’altro gli faceva. La polizia aveva disposto la rimozione del dispositivo di sorveglianza apposto sul muro senza le dovute autorizzazioni e B.B. aveva subito ottemperato: “L’indomani l’aveva già tolta, - ha osservato il querelante - ma ha sistemato qualcosa al suo posto per ingannarmi. In realtà era solo un pezzo di plastica”.
 
Il pubblico ministero Raffaele Delpui ha descritto la vicenda come “l’esito di un fuoco incrociato di denunce” tra i due proprietari confinanti: “B.B. non ha soddisfatto in alcun modo i requisiti previsti per l’installazione delle telecamere: questo perché la sua intenzione non era quella di tutelare la propria abitazione ma di monitorare la casa a fianco”. Sulla condotta dell’imputato, a carico del quale la Procura aveva chiesto otto mesi di reclusione, si è espressa in modo analogo anche l’avvocato di parte civile Cristina Botto: “Un fatto insidioso e fastidioso: la casa è un rifugio e avere a fianco un vicino che punta una telecamera nel fulcro della propria abitazione, la cucina, configura un’intrusione particolarmente grave. Sulle motivazioni che avrebbero spinto B.B. a farlo la difesa è stata contraddittoria: prima si è parlato della volontà di tutelare l’anziana madre dell’imputato, poi del fatto che avesse subito furti dei quali comunque non si trovano riscontri”.
 
“B.B. è persona poco scolarizzata e quando ha installato la telecamera non aveva coscienza di interferire nella vita privata altrui” ha sostenuto il difensore, avvocato Fabrizio Di Vito, aggiungendo che “pur ammettendo che possa aver inquadrato la cucina del vicino, non aveva necessità di carpire immagini che poteva tranquillamente vedere da casa sua”. La tutela della sfera di riservatezza, ha sostenuto il legale, non esclude infatti che “si devono mettere in atto accortezze, come l’apposizione di tende alle finestre, se si vuole evitare che nel vicinato altre persone possano vedere ciò che succede nel proprio domicilio”.
 
Accogliendo l’interpretazione difensiva, il giudice Lorenzo Labate ha assolto l’imputato per insussistenza del fatto.

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