BORGO SAN DALMAZZO - Quattro anni per i maltrattamenti alla moglie: condannato un 44enne marocchino

La donna, madre di tre figli, ha denunciato vari episodi: “Una volta prese un coltello e disse ‘tanto non mi fanno niente, quando esco ti faccio di peggio’”

a.c. 26/08/2021 19:20

 
Nell’audizione protetta in tribunale era stata un fiume in piena, la donna marocchina autrice della denuncia per maltrattamenti contro il marito M.M., classe 1977, residente a Borgo San Dalmazzo. Aveva spiegato che le cose avevano cominciato ad andare male già nel 2015, quattro anni prima che si decidesse a lasciarlo portando in comunità con lei anche i tre figli piccoli: il marito la minacciava di fronte a loro, pretendeva rapporti sessuali, abbandonava la famiglia per giorni interi lasciando moglie e bambini senza mezzi di sostentamento.
 
In un’occasione, ha riferito, aveva brandito contro di lei un coltello ed esclamato “tanto non mi fanno niente, mi mettono in galera due o tre anni e quando esco ti faccio di peggio”. Un’altra volta aveva raccontato di essere stata aggredita davanti al bambino più piccolo, prima che intervenissero anche le due figlie: “Ancora adesso, tutte le mattine, il figlio più piccolo dà un bacio alla mamma sul collo dove l’aveva vista picchiare dal papà e rifà la stessa cosa a scuola” ha sottolineato nella requisitoria il pubblico ministero Anna Maria Clemente.
 
La denuncia era partita a dicembre 2019, dopo un’ennesima lite, finita con un pugno alla tempia: lei non era andata in ospedale, ma qualche giorno dopo si era fatta visitare da un medico che le aveva consigliato di sporgere querela, pur non trovando più traccia di contusioni nelle parti del viso lasciate scoperte dal velo. La responsabile della struttura protetta in cui la madre e i tre figli alloggiano tuttora ha ricordato il momento in cui la famiglia era stata accolta: “I bambini erano molto contenti, dicevano di essere felici di poter giocare senza doversi più chiudere in camera. Soprattutto la più grande appariva molto traumatizzata, mentre la piccola aveva creato un suo mondo di fantasia per sfuggire a quell’angoscia”. Sovente, avrebbero poi raccontato agli psicologi, erano costretti a passare lunghi periodi fuori casa perché la mamma doveva lavorare e il papà non c’era.
 
M.M., incensurato, era stato sottoposto a divieto di avvicinamento a seguito della denuncia per maltrattamenti sfociata nel processo, dove la moglie si è costituita parte civile con l’avvocato Giulia Gava. Per l’imputato la Procura aveva chiesto quattro anni di reclusione, ritenendo non concedibili le attenuanti. L’avvocato Luisa Chiapello, difensore del 44enne, ha sostenuto invece che fossero “non tanto le presunte violenze ma le assenze del marito a motivare la decisione della donna”. A riprova di ciò la difesa ha citato l’assenza di riscontri medici o di elementi probanti nelle conversazioni di Whatsapp, oltre alla testimonianza del fratello della parte offesa che aveva parlato di “litigi reciproci”. Dal canto suo, la donna sosteneva di essere stata isolata dalla famiglia proprio per la decisione di denunciare il marito.
 
Il giudice Alice Di Maio, ritenuti provati i fatti, ha condannato l’imputato alla pena proposta dall’accusa.

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