CUNEO - Quattro condanne per una macellazione islamica clandestina a San Benigno

Per gli imputati il pm Clemente aveva chiesto il massimo della pena: ‘Scena agghiacciante, il maltrattamento degli animali non rientra nei riti religiosi’

a.c. 16/10/2020 16:56

 
Si è concluso con la condanna di tutti gli imputati il processo per uccisione e maltrattamento aggravato di animali intentato contro quattro cittadini marocchini residenti nel Cuneese.
 
Il procedimento traeva origine da fatti risalenti all’inizio di settembre 2017, in corrispondenza con lo svolgimento della festa islamica del sacrificio (Id al-Adha). Una pattuglia della Polizia Stradale era stata chiamata a verificare l’esistenza di un macello clandestino presso un’autorimessa di San Benigno, nel comune di Cuneo. Giunti sul posto, gli agenti avevano in effetti constatato come all’interno del locale fossero presenti tre montoni già sgozzati e altrettanti vivi, di cui uno incaprettato: il sangue fresco a terra, la presenza di un animale appeso e scuoiato e i coltelli lasciavano pochi dubbi circa il fatto che la macellazione fosse avvenuta in quel luogo.
 
Erano quindi stati identificati i presenti, tra cui un minorenne. Per H.E.M. (il locatario dell’immobile, classe 1984), H.E.K. (classe 1980) e A.G. (classe 1960) è scattata la segnalazione all’autorità giudiziaria. Un quarto coimputato, Y.E.K. (classe 1982), non si trovava sul luogo in quel momento ma è comunque stato chiamato a rispondere dei reati contestati, mentre M.K. ha optato per un rito alternativo.
 
Il veterinario dell’Asl chiamato a intervenire, dottor Claudio Enrici, aveva spiegato in aula di aver dedotto che gli ovini fossero stati dissanguati e poi decapitati, secondo il rituale halal: “La macellazione islamica provoca un’agonia non lunghissima ma considerata dolorosa per gli animali, perché non è preceduta da stordimento. Si tratta di una pratica legale, ma deve essere svolta da persone autorizzate e in luogo idoneo. Inoltre nessuno dei capi presentava il necessario contrassegno di origine”. Un’ulteriore contestazione è stata formulata riguardo al trattamento degli animali vivi: “Non avevano lesioni evidenti, ma uno di loro era legato secondo un metodo non più consentito. Le attuali norme sul benessere animale vietano di incaprettare con corde o altri materiali le bestie ancora viventi”.
 
Nessuno degli imputati era presente in aula nell’udienza odierna, dove al termine dell’istruttoria il pubblico ministero Anna Maria Clemente ha chiesto per ognuno il massimo della pena, pari a 18 mesi: “Tutti e quattro sono responsabili dell’illecito: il rito della macellazione islamica per la festa del Sacrificio è previsto dalla legge, ma non esiste il rito del maltrattamento degli animali” ha sottolineato la rappresentante della Procura, ricordando che proprio per la sua natura “cruenta” la macellazione islamica è disciplinata da un’apposita normativa all’interno di oltre 200 macelli autorizzati in Italia. Nulla di tutto ciò si ritrovava in questa situazione: “In quella che doveva essere una rimessa auto la polizia ha portato alla luce un quadro a dir poco agghiacciante: animali sgozzati, incaprettati, sangue ovunque e coltelli per terra”.
 
Le difese, rappresentate dagli avvocati Andrea Romano, Giulia Dadone, Nicola Dottore e Carmine Maiorano, hanno invece ribadito l’insussistenza delle accuse, in base al fatto che non sarebbe stato provato né che i maltrattamenti avessero avuto luogo né che le condotte fossero attribuibili agli imputati.
 
Il giudice Alice Di Maio ha condannato tutti gli accusati alla pena di otto mesi di reclusione.

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