CUNEO - Rapinatore aggredì due passanti in Cuneo vecchia, assolto un coimputato

La prima vittima, una donna, aveva detto di essere stata accerchiata da un gruppo di ragazzi in via Fossano. Un 62enne venne invece colpito alla testa e derubato

a.c. 26/04/2023 16:15

Si era parlato di “baby gang”, anche se i due presunti responsabili individuati in seguito avevano già 24 e 22 anni, per descrivere un inquietante episodio di criminalità risalente all’agosto del 2020. Vittime due passanti, una 40enne di Boves e un 62enne residente nel centro storico di Cuneo, che si trovavano a tarda sera in una zona ormai divenuta epicentro della “movida”.
 
La donna era stata accerchiata da un capannello di giovani, uno dei quali l’aveva fatta cadere in terra nel tentativo di strapparle la borsa e il telefono. Solo il tempestivo intervento di un’agente di Polizia Penitenziaria aveva indotto l’aggressore, probabilmente alterato dall’alcol, a lasciare la presa e allontanarsi con i suoi amici. Circa mezz’ora dopo, però, nelle immediate vicinanze un altro passante era stato travolto dal passaggio di un gruppo di ragazzi: colpito alla testa da uno di loro, si era ritrovato “alleggerito” del borsello.
 
Le indagini della Polizia hanno permesso di individuare la sera stessa il presunto responsabile, nella persona di Fabio Beoletto, classe 1996, residente a Centallo. Il 24enne ha in seguito patteggiato una condanna a un anno, sette mesi e venti giorni di carcere. Ha scelto invece di andare a processo l’altro indagato, H.A., 22enne di origine marocchina. Secondo gli inquirenti quest’ultimo aveva spalleggiato l’amico in entrambi gli episodi, a cominciare dalla tentata rapina alla 40enne. La vittima ha riferito ai giudici di aver attraversato un capannello di ragazzi in via Caraglio, intorno alle undici e mezza di sera, accorgendosi poco dopo che uno di loro la stava seguendo in via Fossano: “Mentre mi strattonava i suoi amici sono rimasti lì a sghignazzare, dicevano ‘non farci caso, è ubriaco’. È stata una brutta sensazione”. Di lì a poco l’agente Giulio Aita della Penitenziaria era accorso in strada, allertato dalle invocazioni di aiuto: “Ho sentito le urla e ho visto una donna accerchiata da cinque o sei ragazzi. Uno di loro aveva un tatuaggio sul collo e un fazzoletto che gli copriva parte del viso, mi disse ‘stai tranquillo, è la mia ragazza’. C’era anche un altro ragazzo con la camicia a fiori e il cappello bianco, si spalleggiavano a vicenda”.
 
Questo ragazzo sarebbe stato identificato, circa un’ora dopo i fatti, come H.A.: quando i poliziotti l’avevano individuato, in base all’abbigliamento descritto, si trovava in corso Nizza ed era solo. Nessun elemento utile all’identificazione è giunto dalla vittima della seconda aggressione, colpita alle spalle mentre rincasava dopo un prelievo bancario: “Ho visto un mucchio di ragazzini che correvano e ho ricevuto una botta alla testa, poi non ricordo più niente. Mi hanno portato via il borsello, con il telefono e due paia di occhiali. Il giorno dopo mi sono stati restituiti i documenti, il resto non l’ho più trovato”. H.A., pur professandosi estraneo ai fatti, ha accettato di risarcire entrambe le persone offese, non costituite in giudizio.
 
All’esito dell’istruttoria, il sostituto procuratore Alberto Braghin ha chiesto per lui la condanna a cinque anni di carcere: “C’è un’agevolazione per quanto riguarda la tentata rapina e un concorso forse anche materiale nella rapina consumata” ha affermato il rappresentante dell’accusa. “Non si può condannare una persona solo perché trovata con indosso una camicia a fiori” l’obiezione dell’avvocato Leonardo Roberi, per la difesa: “Non è emerso che la fuga di Beoletto dopo il primo episodio sia stata agevolata da qualcuno. La vittima della seconda aggressione dice di essere stata colpita alle spalle e menziona un giovane che parlava ‘con accento marocchino’, ma non è identificabile. Nel gruppo c’erano più stranieri”.
 
Il collegio giudicante ha ritenuto infine di assolvere l’imputato per non aver commesso il fatto.

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