CUNEO - Segregata e costretta a prostituirsi in un alloggio di Cuneo: a processo la presunta maitresse

L’operazione della Squadra Mobile era partita da una segnalazione del console onorario brasiliano, contattato dalla donna che chiedeva di essere liberata

a.c. 04/05/2023 18:20

È stata una segnalazione del console onorario del Brasile a Venezia, Helen Gnocchi, a far scattare nel giugno 2022 l’operazione della Squadra Mobile di Cuneo che ha liberato una donna segregata e costretta a prostituirsi.
 
La donna, di nazionalità brasiliana, era sul territorio da poco e non conosceva l’italiano. Non sapeva nemmeno dove si trovasse il luogo in cui era stata segregata, un alloggio di via Giovanni Schiaparelli al civico 12. Solo trovandosi per le mani una bolletta era riuscita a individuare l’indirizzo presunto e a chiedere aiuto alla rappresentante diplomatica del suo Paese, tramite il cellulare. Ora la presunta maîtresse S.F.C., anche lei brasiliana, è a processo con le accuse di sequestro di persona e sfruttamento della prostituzione.
 
Il dirigente della Mobile Giancarlo Floris e gli agenti che parteciparono alla liberazione della schiava del sesso hanno ricostruito in aula i vari passaggi della vicenda. Dalle ricerche sull’utenza telefonica era emerso che il numero della brasiliana era associato a un’inserzione su un sito d’incontri a luci rosse. Uno dei poliziotti si era finto un cliente interessato e aveva telefonato: alla chiamata avrebbe risposto S.F.C., presente nell’alloggio assieme alla donna che veniva sfruttata. I poliziotti l’avevano trovata in possesso del cellulare e di un’agenda su cui aveva trascritto varie somme di denaro, ritenute provento dell’attività di lenocinio. Nel suo portafoglio c’erano 375 euro in banconote.
 
La donna che aveva richiesto l’intervento della polizia era in abiti succinti. A rafforzare l’ipotesi che l’abitazione fosse utilizzata per rapporti sessuali a pagamento aveva concorso il ritrovamento, nella camera da letto, di sex toys, preservativi, salviette e indumenti intimi. Tutte le bollette rinvenute erano riconducibili all’imputata, identificata come affittuaria dell’appartamento. L’ispettore Christian Mazzola, il primo ad approcciare la ragazza insieme a un collega, ha ricordato: “Non parlava italiano, ho cercato di tranquillizzarla e comunicare a gesti, spiegandole che eravamo della polizia. Poi l’ho invitata a mettere ciò che aveva in una borsa e uscire”. L’unica persona con cui aveva avuto contatti in Italia era una zia residente a Torino, cui era intestata l’utenza telefonica usata per combinare gli incontri.
 
Lunedì prossimo, l’8 maggio, proseguirà l’istruttoria con altri testimoni. La persona offesa è stata già ascoltata in fase di incidente probatorio.

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